Professione

Comuni, ripartono i nuovi investimenti Ma solo al Nord

di Gianni Trovati

Accanto ai pagamenti in conto capitale ricominciano a crescere anche i nuovi investimenti nei Comuni. E anche in questo caso il traino è tutto a Nord. E mentre crescono i mutui, diminuisce lo stock di debito residuo perché lo smaltimento di vecchi prestiti procede più rapidamente delle nuove accensioni.

Il complesso dei dati, tutti positivi per i sindaci, arriva dalla Ragioneria generale dello Stato. Tre numeri servono a inquadrare la questione. Nel 2018 i sindaci hanno avviato nuovi mutui per 790 milioni, con un aumento del 24,1% rispetto all’anno prima. Il balzo non deve fare troppa impressione, perché negli anni in cui la finanza locale era più libera i Comuni arrivavano a firmare mutui per oltre 7 miliardi (il top si è raggiunto nel 2003 con 7,4 miliardi). Ma il +24,1% del 2018 arriva dopo una serie negativa che dal 2008 a oggi si è interrotta per un solo anno, il 2014. La strada da fare, insomma, è ancora tanta, ma il primo passo c’è tutto. Contraria invece la situazione delle Regioni: lì i nuovi mutui rallentano ancora (-79 milioni rispetto all’anno prima), ma il debito è in crescita (15,1 miliardi, 331 milioni in più in 12 mesi).

I numeri dei mutui guardano infatti al futuro, perché il finanziamento segnala un investimento che si avvia. Ma confermano dinamica e geografia già registrata dai pagamenti in conto capitale (Sole 24 Ore del 21 aprile), che misurano l’andamento degli investimenti già in via di realizzazione.

La corsa è infatti quasi tutta a Nord, guidata dai Comuni della Lombardia (29,3% dei nuovi mutui) seguiti dalle amministrazioni di Liguria (11,2%), Toscana (10,4%) e Piemonte (8,7%). Lazio e Campania, nonostante le dimensioni, non vanno oltre il 3,2% e il 2,4% dei nuovi mutui; Sicilia e Calabria si fermano al 2% e il resto del Sud è praticamente assente dal panorama.

Anche se aumenta il ritmo di nuovi mutui, lo stock del debito comunale è in via di diminuzione. Vale 33,9 miliardi a inizio 2019, cioè 2,5 miliardi in meno rispetto a 12 mesi prima (-7,2%). A conferma del fatto che non esiste alcun problema generalizzato di debito locale, tema di cui si è parlato molto nella prima fase di costruzione del decreto crescita intorno al salva-Roma che ha diviso la maggioranza giallo-verde. Esistono allarmi specifici, da Torino a Genova, da Napoli a Reggio Calabria. Ma ci sono molti enti come Cagliari, Bari, Venezia, Bologna o Firenze che hanno in bilancio numeri più che tranquilli.

Più complicate sono però le cifre del costo annuale del debito. Nel 2018, come mostrano sempre le tabelle della Ragioneria generale, i sindaci hanno speso in interessi una cifra pari al 3,75% dello stock di passivo. E il peso cresce al diminuire degli abitanti. Il rimborsi dei prestiti (quota capitale più interessi) è costato l’8,3% del debito totale nei capoluoghi di Provincia, ma l’indicatore sale al 10,7% nei Comuni non capoluogo con più di 20mila abitanti e al 12% in quelli più piccoli.

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