Professione

Il Governo rilancia sul Fisco: tavoli per la riforma da gennaio

di Maria Carla De Cesari

Una manovra da correggere che però sta cercando di piantare alcuni semi per il futuro. A gennaio partiranno i tavoli per la riforma fiscale che coinvolgerà professionisti e categorie produttive. Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, sfoggia l’ottimismo della volontà durante l’intervento al convegno «Commercialisti verso il futuro tra nuovi mercati e legge di bilancio». L’evento, organizzato a Milano dal Sole 24 Ore, in collaborazione con il Consiglio nazionale di categoria, e aperto dall’Ad del gruppo, Giuseppe Cerbone.

In videoconferenza, poco prima di correre in Parlamento, Baretta è schietto. «Se ci fossero state altre condizioni politiche e ci fosse stato più tempo, non avrei impiegato 23 miliardi per bloccare l’aumento dell’Iva, ma avrei scelto di modulare diversamente l’imposta, redistribuendo risorse per diminuire il cuneo fiscale e tagliare la tassazione del ceto medio, autonomi e dipendenti. D’altra parte, va detto che lo stop all’aumento dell’Iva non era solo un’esigenza derivante dal confronto politico, ma anche una richiesta sociale, visto che molte categorie erano spaventate dagli effetti depressivi sui consumi».

L’importante è non cadere nella stessa trappola l’anno prossimo, quando per fermare l’incremento dell’Iva dovremmo ipotecare altri 19 miliardi. «Occorre avviare, da gennaio, la discussione per la riforma». Uno dei traguardi è rivedere la babele di detrazioni e agevolazioni, che producono «un mancato gettito di 250 miliardi. C’è spazio – commenta Baretta – per definire sostegni per quanti sono nella no tax area e per rivedere la tassazione del ceto medio, composto di dipendenti e autonomi». Per ora, per i dipendenti sono stati appostati 3 miliardi per la riduzione del cuneo fiscale, una cifra che però non sarà sufficiente per fare la “differenza”.

Baretta, comunque, difende l’operato della maggioranza circa la semplificazione, attribuendo a questo capitolo lo spesometro trimestrale, la tassazione dei dividendi corrisposti da società semplici italiane tassati direttamente in capo ai soci e la possibilità di presentare fino a fine settembre il modello 730. Di contro, ammette che giocano a favore della complicazione la stretta sulle compensazioni e la disciplina della solidarietà tra committente e appaltatore/subappaltatore.

Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, rilancia sul possibile contributo dei professionisti a sostegno dell’attività del legislatore, anche se «si sta scontando ancora la coda ideologica della disintermediazione. I professionisti sono subissati dalla richiesta di comunicazioni al Fisco. Le informazioni non bastano mai. Adesso – scandisce – con le compensazioni orizzontali rinviate dopo la dichiarazione si scarica sul contribuente l’incapacità dell’amministrazione di incrociare prima i dati su debiti e crediti».

Maurizio Logozzo, docente di diritto tributario alla Cattolica di Milano, avverte il legislatore: «Che senso ha inasprire e duplicare le sanzioni tributarie, in capo al contribuente e alla società? Le tasse sproporzionate e la complicazione delle leggi tributarie sono un incitamento all’evasione».

Un fisco capace di essere leva per la crescita è l’appello di Angelo Cremonese, che prende le mosse dalla confessione di Baretta. «Lo stop all’Iva è stato un errore, poiché ha sottratto un’ingente quantità di risorse che potevano essere destinate alla crescita e all’innovazione. È vero che l’Iva è un’imposta regressiva – conclude Cremonese – ma si potevano riarticolare le aliquote, magari portando al 7-8% le misure del 4 e del 10 per cento. Il dividendo poteva contribuire ad aumentare il reddito disponibile dei lavoratori e premiare la ricerca per l’innovazione».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©