Adempimenti

Quando l’alert scatta perché la dichiarazione contiene un errore

di Nicola Forte

L’indicatore di anomalia relativo all’incidenza dei costi residuali di gestione è insensibile agli eventuali adeguamenti effettuati in sede di dichiarazione dei redditi. Dunque, anche se il professionista dovesse dichiarare maggiori compensi non risultanti dalle scritture contabili, il valore dell’indicatore continuerà a essere anomalo.

Il contribuente ha solo due possibilità. La prima è verificare, in via preliminare, se la dichiarazione dei redditi è corretta. Se si riprende l’esempio fatto nell’articolo a fianco, potrebbe aver indicato per errore che il costo deducibile in un’unica soluzione è di 51.500 euro, anziché di 1.500 euro, cioè della quota entro il plafond del 5 per cento. Per ottenere la rimozione dell’anomalia sarà allora sufficiente correggere la dichiarazione dei redditi. Se, invece, la compilazione della dichiarazione dei redditi fosse corretta, il contribuente potrà solamente segnalare, utilizzando la sezione relativa alle annotazioni, che l’Isa non è in grado di cogliere la particolarità.

In molti casi, però, l’indicatore di anomalia scatta a causa degli errori commessi dai contribuenti nella compilazione della dichiarazione dei redditi. Si consideri, per esempio, la situazione in cui si trovano i notai. Uno dei costi che caratterizza la loro professione riguarda gli oneri sostenuti per le visure. Il notaio è, infatti, obbligato a effettuare le visure ipotecarie e catastali andando indietro nel tempo per vent’anni. L’obbligo sussiste in ogni caso, anche se il cliente lo esonera dall’adempimento.

I compensi corrisposti al visurista, che nella maggior parte dei casi è rappresentato da una società di servizi, si considerano compensi a terzi. In particolare, devono essere indicati in corrispondenza del rigo G07 («Compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale ed artistica»). In corrispondenza di quel rigo non deve essere indicata qualsiasi somma corrisposta ad altri soggetti, ma esclusivamente i compensi di prestazioni afferenti l’attività esercitata. Dunque, il notaio non deve indicare in corrispondenza del rigo G07 i compensi corrisposti, per esempio, al commercialista.

Oltre al compenso pagato al visurista, si pone il problema di come trattare le spese “vive” per le visure ipotecarie e catastali. Se vengono trattate come spese anticipate in nome e per conto, si tratta di una “partita di giro” completamente neutrale. Viceversa, se il notaio intende eventualmente addebitarle al cliente con Iva, ovvero farsene carico, si tratta di costi deducibili in sede di determinazione del reddito professionale.

In tale ipotesi si deve prestare molta attenzione alla compilazione della dichiarazione dei redditi. Si tratta, infatti, di costi solitamente di elevato ammontare. Le “spese vive”, anche se non sono tecnicamente compensi corrisposti a terzi, potrebbero essere indicate anch’esse in corrispondenza del rigo G07 tra i «compensi a terzi». Potrebbero, per esempio, essere considerate quali oneri accessori ai compensi, oppure compensi corrisposti all’amministrazione finanziaria per rendere possibile il servizio delle visure. Se, invece, fossero indicate in corrispondenza del rigo G12 («Altre componenti negative»), c’è il concreto rischio che il valore riportato sia percentualmente eccessivo rispetto agli oneri complessivi. In tale ipotesi è probabile che scatti l’applicazione dell’indicatore di anomalia. In tal caso sarà necessario correggere la dichiarazione, compilandola correttamente, in modo da evitare l’effetto fortemente penalizzante.

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