Controlli e liti

Riassicurazione, querelle dell’Iva sul costo della gestione sinistri

di Alessandro Germani

Di recente l’attenzione dell’agenzia delle Entrate si è rivolta al particolare ambito della riassicurazione, seguendo un filone già sperimentato per la coassicurazione, per la quale si assiste da anni a un notevole contenzioso.

La problematica concerne l’assoggettamento a Iva della gestione dei sinistri. Con la riassicurazione, infatti, l’assicuratore cede parte del proprio rischio a un riassicuratore, ottenendo così un migliore equilibrio economico per ampliare la sottoscrizione di nuovi rischi che, in assenza, non potrebbe assumere. Un ambito su cui si innesta spesso lo schema riassicurativo è quello dell’assistenza (articolo 175 del Dlgs 209/05), in cui viene fornito all’assicurato un aiuto, in denaro o in natura (in questo caso utilizzando anche personale e attrezzature di terzi), a fronte di una situazione di difficoltà legata ad un evento fortuito. Classico caso è quello del traino in ambito automobilistico oppure del rimpatrio sanitario in un’assicurazione viaggi. Contrattualmente ciò viene regolamentato da un trattato di riassicurazione e da un connesso mandato a gestire i sinistri.

A livello economico i flussi che si generano sono i seguenti:

• la cessione del premio di riassicurazione in quota (spesso 90%);

• il riaddebito in quota 100%, alla compagnia cedente, del costo del sinistro che il fornitore terzo addebita alla struttura organizzativa del riassicuratore, a seguito del proprio intervento (il cosiddetto Cde – costo diretto esterno, come il traino);

• l’addebito dei costi della centrale operativa per la sua attività di gestione e liquidazione dei sinistri (Cdi – costo diretto interno) dal riassicuratore alla compagnia cedente;

• la cessione dei sinistri in quota (spesso 90%) dal cedente al riassicuratore.

Di recente si dibatte sul trattamento Iva dei Cdi, nella pratica considerati in esenzione Iva mentre l’Agenzia ne invoca l’assoggettamento a Iva basandosi su alcune sentenze comunitarie. Vengono richiamate spesso le cause C-40/15 (caso Aspiro) e C-349/96 (caso Cpp - Card Protection Plan). L’impostazione, tuttavia, non convince. Il caso Aspiro riguarda una società di servizi polacca che svolgeva attività di gestione dei sinistri per una compagnia assicurativa. In quel caso non c’è dubbio che la prestazione dovesse essere assoggettata a Iva.

Quanto al caso Cpp, col quale si argomenta che l’accessorietà di una prestazione – la gestione dei sinistri – rispetto a quella principale di natura riassicurativa debba essere negata «quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore», ci troviamo di fronte ad un palese equivoco. Se la pratica del mercato, da sempre, dimostra che il riassicuratore che agisce nell’assistenza si occupa anche della gestione dei sinistri, ciò è motivato dal fatto che esso soltanto dispone del particolare know-how necessario. E quindi quella prestazione non potrà che essere accessoria rispetto all’attività riassicurativa principale.

Del resto questa conclusione è supportata anche dal parere Isvap richiesto dalle Entrate e riportato nella risoluzione 90/E/04. Sembra, pertanto, di essere in presenza di filoni accertativi che non tengono in debita considerazione elementi fattuali della tecnica assicurativa.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©