Controlli e liti

Atti degli ex dirigenti al test della tempestività del ricorso

di Emilio de Santis

Contenzioso sugli atti sottoscritti dagli ex dirigenti incaricati delle Entrate sempre più delimitato ai soli casi di tempestivo ricorso e di corretta concessione della delega, sia formale sia motivazionale. È quanto emerge anche dalle ultime pronunce di Cassazione.

La sentenza 25017/2015 è tornata ad occuparsi della centrale questione (perché tale oramai è diventata, nel caso di atti firmati non dal capo dell'ufficio ma da altri impiegati della carriera direttiva) dei requisiti necessari per la validità della delega (le ragioni, il termine di validità ed il nominativo del soggetto delegato), escludendo che possano esserlo le deleghe impersonali, prive di indicazione nominativa del soggetto delegato. Da segnalare, poi, la censura espressa nei confronti del giudice territoriale (Ctr Sicilia, sentenza 179/25/2013) al richiamo svolto al principio della conservazione dell'atto amministrativo (articolo 21-octies, comma 2, della legge 241/1990). Pertanto il collegio di legittimità conferma l'impossibilità di applicare al diritto tributario la speciale norma contemplata nel diritto amministrativo. A tale esclusione - osserva ancora la sentenza - concorre la circostanza che la illegittimità degli atti tributari è colpita (quando lo è) con una sanzione qualificata di nullità e non di annullabilità (come invece previsto dall'articolo 21-octies, comma 1).
Peraltro l'eventuale nullità dell'atto tributario sfocia nell'impossibilità di eccepirla oltre il termine di decadenza stabilito dall'articolo 21 del Dlgs 546/1992, già nel primo grado del giudizio (articolo 61, comma 2, del Dpr 600/1973).

In questo filone va ricordata anche la sentenza 25475/2015 che ha smentito la Ctc di Genova (sentenza 199 del 2009), che aveva ritenuto l'avviso di accertamento non impugnato dal contribuente «affetto da nullità assoluta, rilevabile in qualsiasi momento, anche con l'impugnazione di un diverso atto, come la cartella esattoriale, viziata anch'essa da nullità derivata».
La Suprema corte ha, invece, accolto il ricorso presentato delle Entrate poiché nel caso esaminato «pacifica essendo la mancata impugnazione del secondo avviso di accertamento nel termine di 60 giorni dalla sua notifica, ne derivava l'inammissibilità dell'impugnazione proposta avverso la cartella esattoriale sulla base di esso notificata al contribuente, in quanto afferente per l'appunto non a vizi propri di quest'ultima ma a vizi dell'atto presupposto non più deducibili, essendo lo stesso ormai divenuto definitivo».

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