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Tasse sui dividendi esteri ancora fuori rotta rispetto alla Corte di giustizia

Per evitare eventuali doppie imposizioni i fondi esteri sono indotti ad investire in Italia attraverso veicoli, correndo il rischio di contestazioni di abuso del diritto

di Marco Piazza

Nel Dl 104/20, lo sforzo di sostenere l’economia reale viene compiuto anche attraverso l’uso della leva fiscale, ad esempio, attraverso la riproposizione della possibilità di rivalutare i beni d’impresa e l’elevazione della soglia di investimento annuale nei piani individuali di risparmio. Queste iniziative da un lato consentono di esprimere nel bilancio dell’impresa il valore effettivo del patrimonio, dall’altro di perfezionare il catalogo degli strumenti di raccolta di capitali di rischio offerto agli imprenditori.

Un ulteriore passo avanti potrebbe essere costituito dall’eliminazione degli ultimi ostacoli fiscali agli investimenti in Italia da parte dei fondi comuni alternativi esteri.

In realtà, sotto questo aspetto, la normativa tributaria italiana ha poco da invidiare alla regolamentazione degli altri Paesi. I redditi percepiti in Italia dagli organismi di investimento collettivo soggetti a vigilanza prudenziale istituiti in Paesi esteri che consentono un adeguato scambio di informazione (elencati nel Dm 4 settembre 2001) sono per lo più esenti da imposizione in Italia e ciò consente di evitare fenomeni di doppia o tripla imposizione economica e giuridica. Sono, in particolare, esenti:

Ogli interessi da obbligazioni, i titoli similari e le cambiali finanziarie emessi da società italiane, anche quando le obbligazioni o le azioni della società non siano negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione;

Ogli interessi relativi a finanziamenti a società italiane;

O le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate;

O le plusvalenze derivanti dalla cessione di altri titoli diversi dalle partecipazioni qualificate o contratti di natura finanziaria, nonché i differenziali derivanti da contratti derivati;

Oi proventi derivanti dalla detenzione di quote o azioni di fondi comuni italiani (anche attraverso veicoli esteri controllati, se il fondo italiano è immobiliare.

Resta il problema dei dividendi e delle plusvalenze “qualificate” di fonte italiana che, se percepiti a fondi comuni esteri, sono soggetti a ritenuta d’imposta o imposta sostitutiva del 26% in Italia (articolo 27, comma 3, Dpr 600/73 e articolo 5, comma 2, Dlgs 461/97). Quanto alla spettanza dei benefici delle convenzioni contro le doppie imposizioni, questa potrebbe derivare (nonostante i fondi esteri siano per lo più privi di soggettività tributaria) dalla circostanza che l’Agenzia ha dichiarato che gli Oicr italiani beneficiano delle convenzioni, riconoscendo, tuttavia, che il riconoscimento può essere subordinato dallo Stato estero a condizione di reciprocità (circolare 11/2012, paragrafo 8.1 e circolare 2/2012, paragrafo 2).

Per evitare eventuali doppie imposizioni, i fondi esteri sono indotti ad investire in Italia attraverso veicoli, correndo però il rischio di contestazioni sul piano dell’abuso del diritto (Corte Ue, cause riunite C 116/16 e C 117/16, ma va segnalata anche la sentenza della Cassazione 14756/20).

Tutto ciò premesso, sarebbe opportuno che la tassazione dei dividendi e delle plusvalenze qualificate di fonte italiana in capo a Oicr istituiti all’estero venisse rivista. Anzi, con tutta probabilità “dovrebbe” essere rivista, per renderla conforme alla più recente giurisprudenza della Corte Ue, in particolare alla sentenza C-156/17.

La sentenza riguarda il regime fiscale – vigente in Olanda all’epoca dei fatti – dei dividendi distribuiti da società olandesi a fondi comuni d’investimento non residenti. Tale subordinava il diritto, da parte del fondo estero di ottenere il rimborso delle ritenute subite in Olanda sui dividendi percepiti ad alcune condizioni non previste, invece, per i dividendi distribuiti ai fondi olandesi.

Questa disparità di trattamento viene considerata una discriminazione in contrasto con il principio della libera circolazione dei capitali di cui all’articolo 63 del Tfue. Se si applica il principio al caso dei dividendi distribuiti da società italiane a fondi esteri emerge come esista un analoga ( anzi più evidente) discriminazione, in quanto i dividendi percepiti da fondi italiani sono esenti da Ires senza alcuna condizione (circolare 11/E/12, paragrafo 8.2), mentre quelli percepiti da fondi esteri non fruiscono di analoga esenzione. Alle stesse conclusioni si deve giungere per le plusvalenze sulle partecipazioni qualificate che sono esenti per i fondi italiani (circolare 11/E, paragrafo 8.1) mentre sono tassate per i fondi esteri.