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Credito d’imposta del 40% e contributi Psr, la scelta scatta dal 2021

Per i beni ordinati dal 16 novembre bivio tra le regole 2020 e quelle previste dalla manovra per il prossimo anno

di Gian Paolo Tosoni

Il credito di imposta del 40% del costo di beni strumentali nuovi interconnessi con sistema operativo aziendale ha subito un duro colpo a seguito della comunicazione della Direzione generale dell’agricoltura della Commissione Ue che ha di fatto vietato il cumulo con altri contributi pubblici come ad esempio quelli derivanti dal programma del piano di sviluppo rurale (Psr).

Le Regioni si sono immediatamente adeguate alla restrizione. La nota dell’Unione precisa che il parere è stato formulato dai servizi della Commissione Ue che non impegnano la Commissione europea, ricordando nel contempo che le controversie in ordine al diritto della Unione sono di competenza della Corte di giustizia che ha l’ultima parola in materia.Nel frattempo meglio soprassedere ad utilizzare il credito di imposta se l’impresa agricola ha già ricevuto il contributo (Psr) o meglio potrà utilizzare il credito di imposta solo per la differenza consentita in base alle percentuali stabilite dall’allegato 2 al regolamento Ue n. 1303/2013. Quindi per le regioni del centro nord per le quali è prevista la percentuale del 40% se il contributo Psr è stato percepito nella misura del 35% è possibile utilizzare il credito di imposta nella misura del 5% che però non spetta in quanto bisognerebbe considerare se l’investimento sia stato oggetto di altri contributi pubblici.

Altra questione riguarda la sovrapposizione del credito di imposta del 2020 con quella in arrivo dal 2021 con la legge di bilancio in corso di approvazione. Nel testo del disegno di legge - ora all’esame della Camera in prima lettura - è previsto che se dopo il 16 novembre viene confermato l’ordine ed erogato un acconto al fornitore dell’importo almeno par al 20% del costo del nuovo bene strumentale che sarà interconnesso, potrà usufruire del credito di imposta nella misura del 50% compensabile in tre anni in luogo di cinque per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro. Ci si chiede se sarà possibile scegliere se adottare i criteri di compensazione del 2020 e quindi su cinque anni o se invece prevalgano le regole del 2021 compensando il credito in tre anni e per di più superiore di dieci punti. Addirittura se i ricavi dell’impresa non superano il limite di cinque milioni la compensazione si potrà eseguire in un anno. Appare evidente che la scelta dovrebbe cadere sulle regole del 2021 essendo maggiore il credito di imposta, ma c’è’ il lasso di tempo più breve e questo non collima sempre con le esigenze della imprese agricole che sovente hanno poche imposte dovute e da compensare.

Quindi la chiave di lettura è di stabilire se la quota di un terzo o dell’intero del credito di imposta non compensato nell’anno di competenza sia riportabile a nuovo. In caso di risposta positiva l’interesse è di adottare i criteri del 2021. In ordine alla possibilità del riporto a nuovo la norma non lo dice ma in genere per i crediti di imposta che transitano nel quadro RU la parte non utilizzata si può riportare a nuovo. L’agenzia delle Entrate con la circolare n. 5 del 19 febbraio 2015 per una ipotesi simile ha precisato che se per motivi di incapienza la quota annuale o parte di essa che non possa essere usufruita può essere utilizzata nel successivo periodo di imposta sommando la stessa alla quota fruibile a partire dal medesimo anno.

Altro dubbio formale riguarda l’indicazione in fattura della norma di legge relativa al credito di imposta che è obbligatoria. Al momento è opportuno indicare gli estremi della legge 160/2019, articolo 1, comma 184 e seguenti. Non è possibile riportare la nuova legge perché non c’è; se la scelta cadrà sulle regole 2021 riteniamo che si potrà regolarizzare la fattura mediante annotazione manuale o elettronica come stabilito per l’anno 2020 con la risposta dell’agenzia delle Entrate 439/2020.