Imposte

Vecchi distacchi alla prova della Corte di giustizia Ue

Gli operatori devono fare i conti con le ricadute applicative della sentenza che il distacco di personale costituisce sempre una prestazione di servizio

di Giampaolo Giuliani e Diego Prandini

A due mesi dalla sua pubblicazione, gli operatori continuano a fare i conti con le ricadute applicative della sentenza dell’11 marzo (causa C-94/19).

È la pronuncia con cui la Corte di giustizia dell’Unione europea ha ritenuto non conforme alla direttiva Iva 2006/112/Ce la norma nazionale che pone fuori dal campo di applicazione Iva il distacco o il prestito di personale dietro rimborso del puro costo, qualora intercorra tra le parti un accordo che preveda lo scambio di prestazioni, reciprocamente condizionate.

Dal rinvio della Cassazione alla decisione della Corte Ue
In particolare, a seguito del rinvio pregiudiziale disposto dalla Corte di cassazione con ordinanza 2385 del 29 gennaio 2019, riferito ad una fattispecie caratterizzata dal “prestito” di un dirigente nell’ambito di un gruppo societario, la Corte di giustizia ha stabilito che il distacco di personale costituisce sempre una prestazione di servizio ai sensi del Capo III della direttiva 2006/112/Ce ritenendo non conforme alla disciplina comunitaria la norma italiana che esclude da Iva il distacco o il prestito di personale comma 35, articolo 8, legge 77/1988.

Secondo la Corte di giustizia, si è infatti in presenza di una prestazione di servizi a titolo oneroso – come tale imponibile a Iva – ogni qualvolta tra il prestatore ed il beneficiario intercorra un rapporto giuridico sinallagmatico nell’ambito del quale avviene un reciproco scambio di prestazioni, costituendo il compenso il controvalore effettivo del servizio prestato al beneficiario.

Resta allora irrilevante il fatto che l’importo del corrispettivo sia pari, maggiore o persino inferiore ai costi sostenuti dal soggetto distaccante/prestatore.

Sul punto si segnala la recente presa di posizione dell’Assonime, la quale con la propria circolare 8 del 19 maggio 2020 sostiene che, in mancanza di un ulteriore compenso rispetto al puro costo del personale sostenuto dal distaccante/somministratore, non si ravvisa il necessario nesso sinallagmatico da cui scaturirebbe la rilevanza ai fini Iva dell’operazione.

Il trattamento dei vecchi distacchi
Ad ogni modo, al di là di queste riflessioni ora per gli operatori si pone il problema di come rapportarsi con la norma nazionale confutata dalla Corte di giustizia e soprattutto come gestire le operazioni di distacco svolte in precedenza.

Non è un problema nuovo, dato che già in passato si è posta la questione. L’ultima in ordine di tempo è la sentenza della Corte di giustizia del 14 marzo 2019 causa C-449/17 & G Fahrschul-Akkademie Gmbh che ha negato il regime di esenzione da Iva per le lezioni di scuola guida.

Infatti, mentre un’amministrazione finanziaria non può invocare una disposizione della Direttiva 2006/112/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia, per negare l’esenzione prevista da una norma interna, un contribuente può diversamente pretendere nei confronti di uno Stato membro l’applicazione di un regime più favorevole e, quindi, scegliere se applicare la disciplina domestica ovvero quella unionale.

Chiara in questo senso la sentenza della Corte di giustizia Ue del 21 settembre 2017, Dnb Banka, C-326/15.

L’estensione alla somministrazione
Un altro aspetto interessante della sentenza potrebbe essere individuato nell’estensione di quanto statuito dalla Corte anche alle analoghe forme di messa a disposizione di personale, ivi incluso il contratto di somministrazione di manodopera, individuato dagli articoli 30 e seguenti del Dlgs 81/2015.

Questa sostanziale parificazione ha implicazioni pratiche molto importanti, per quei contribuenti che si trovano ad affrontare verifiche fiscali e contenziosi con gli uffici dell’amministrazione finanziaria, dove sono riqualificati i contratti di appalto – soprattutto di servizi endoaziendali (i cosiddetti appalti labour intensive) – come mere somministrazioni di manodopera, con la conseguenza di disconoscere la detraibilità dell’imposta operata dal committente/utilizzatore, a norma del comma 2, articolo 19, Dpr 633/72, proprio in virtù del fatto che tale istituto – quello della somministrazione appunto – sarebbe «fuori campo Iva» ai sensi dell’articolo 26-bis della legge 24 giugno 1997, n. 196.

In effetti, questi operatori potrebbero efficacemente contrapporre alla tesi dei verificatori che contestano la detraibilità dell’Iva in capo ai committenti e agli utilizzatori, la circostanza che i contratti di somministrazione, se seguono la sorte dei contratti di distacco o di prestito del personale, non possono essere considerati fuori campo Iva.

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