Controlli e liti

Sentenza digitale, rischio squilibrio tra le controparti. A favore della videoudienza in campo anche le sigle dei commercialisti

A favore dell’udienza da remoto in campo anche le sigle dei commercialisti

di Ivan Cimmarusti

La babele del contenzioso tributario, in questa fase emergenziale, si scontra con le richieste di avvocati e commercialisti di garantire le regole del giusto processo. Alla sbarra degli imputati due aspetti del processo telematico: la videoudienza, che pur in presenza di strumenti informatici e normativi, stenta a decollare, tanto che molte Ct preferiscono attuare la trattazione «documentale»; la sentenza digitale, che invece rischia di creare uno squilibrio tra le parti, in quanto consente solo all’agenzia delle Entrate di accedere a tutti i provvedimenti delle varie commissioni italiane, con evidente vantaggio processuale.

Ma andiamo con ordine. Con le dotazioni informatiche alle Ct e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale (17 novembre) del Dm, ci si aspettava una immediata partenza per la udienza da remoto. E invece non più tardi di venerdì scorso - durante un webinar tra presidenti di Ct italiane - ancora si discuteva su come materialmente attuare la videoudienza, con netta posizione in favore della trattazione scritta per non pochi giudici tributari.

Dopo la presa di posizione dei presidenti del Cndcec Massimo Miani e di Uncat Antonio Damascelli in favore dell’udienza da remoto, ora scendono in campo anche le sigle dei commercialisti: «Nella maggior parte delle Ct la possibilità dello svolgimento della pubblica udienza da remoto, prevista dalla legge, resta inattuata - denunciano Ungdcec, Fiddoc, Adc, Andoc e Aidc -. E questo accade nonostante il Mef abbia provveduto all’approvazione delle regole tecnico-operative».

Parallelamente l’Aidc di Milano lancia un allarme sulla sentenza digitale: rischia di creare squilibri processuali non garantendo il principio di parità delle parti. «La piattaforma digitale del Ptt – spiega Edoardo Ginevra, presidente di Aidc Milano – è gestita da Sogei e, oltre ai giudici e ai segretari delle commissioni, hanno accesso alle sentenze soltanto le parti del processo. Questo significa che una delle due controparti (il contribuente) ha accesso soltanto al suo fascicolo; mentre l’altra parte (agenzia delle Entrate), partecipando a tutti i giudizi, può avere accesso a tutti i fascicoli di causa». Ciò che si verrebbe a creare, dunque, sarebbe un potenziale vantaggio competitivo per le Entrate nell’accesso a informazioni preziose da un punto di vista processuale.

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