Adempimenti

E-fattura, fornitori più garantiti dai rifiuti ingiustificati della Pa

Entro il 6 novembre gli enti pubblici devono adeguare i sistemi operativi. Con le note di variazione possibile correggere solo imponibile e imposta

di Marco Magrini e Benedetto Santacroce

Entro il 6 novembre prossimo le pubbliche amministrazioni dovranno adeguare i loro sistemi operativi e l’impostazione gestionale per riallineare la gestione dei rifiuti delle fatture elettroniche dei loro fornitori (B2G) assicurando canali di adeguata comunicazione e procedure automatizzate legate e subordinate alla casistica prevista dalla norma. Infatti da tale data entra in vigore il nuovo articolo 2-bis del Dm 55/2013, introdotto dal Dm 132/2020, che elenca le condizioni che rendono possibile il rifiuto delle fatture vincolandolo rigidamente alle fattispecie e al verificarsi delle condizioni ivi stabilite.

Non deve essere dimenticato che uno degli obiettivi del legislatore è garantire un tempestivo flusso dei pagamenti sulle forniture e una regolare e costante gestione contabile, ostacolando solo i comportamenti fraudolenti e gli errori macroscopici non sanabili dei fornitori, al contempo eliminando tutti gli strumenti dilatori ingiustificati delle amministrazioni per ritardare il pagamento o procrastinare il concretizzarsi dell’operazione e/o il concludersi del relativo procedimento amministrativo. Proprio in questo senso la Pa se abituata a utilizzare il rifiuto della fattura per ritardare l’esecuzione dei relativi pagamenti, dovrà più correttamente, in caso di contestazione, aggiornare la posizione del fornitore e intervenire sulla piattaforma dei pagamenti (Pcc) indicando la motivazione dei relativi ritardi.

Il rifiuto della fattura è ora legato solo a specifici casi elencati nel decreto. In particolare i casi sono relativi:

- alla generalità della Pa committenti, di fatture elettroniche riferite ad operazioni che non sono state poste in essere a favore della Pa destinataria della trasmissione (lettera a) con omissione o errata indicazione del Codice identificativo di gara (Cig) o del Codice unico di progetto (Cup), previsti dal tracciato della fatturaPa (articolo 35 Dl 66/14), quando richiesti (lettera b);

- a regioni ed enti locali, di omessa o errata indicazione del numero e data della determinazione dirigenziale d’impegno di spesa (lettera e);

- a forniture in sanità, per l’omessa o l’errata indicazione del codice di repertorio (lettera c) o del codice e quantitativo Aic (lettera d).

Pertanto in queste ipotesi il rifiuto potrà essere affidato ad una gestione automatizzata senza necessità di particolare valutazione da parte della Pa destinataria della fattura. Occorre però fare alcune considerazioni.

Il decreto stabilisce, poi, un’altra regola di particolare rilevanza. Infatti, quando la situazione d’irregolarità della fattura si può regolarizzare con l’emissione di una nota di credito (articolo 26 del Dpr 633/72) questa resta, al di fuori dei predetti casi di rifiuto, l’unico mezzo possibile per innescare un dialogo di rettifica del documento con il fornitore. Ovviamente in tali casi la pubblica amministrazione potrà, con mezzi alternativi al sistema d’interscambio, richiedere al fornitore l’emissione di una nota di credito. Come si ricorda, infatti la nota di credito sia in aumento che in diminuzione può essere emessa sempre da colui che ha trasmesso la fattura al cessionario/committente.

Le situazioni, però, che rendono compatibile l’emissione della nota di credito in base alle previsioni dell’articolo 26 del Dpr 633/72, sono solo quelle, come ha ribadito l’agenzia delle entrate con la risposta 208/E/2019, relative ad elementi incidenti nell’ammontare (in aumento o riduzione) dell’imponibile di un’operazione o quello della relativa imposta, anche in ragione del differente trattamento Iva applicabile. Negli altri casi, compreso quelli di correzioni di errori materiali e di calcolo, le variazioni possono essere effettuate con annotazioni interne in rettifica sui registri Iva (quando l’operazione rientra nella sfera commerciale del committente).

L’inesistenza per la Pa destinataria

Le ipotesi di rifiuto previste dalla nuova regolamentazione vanno interpretate e applicate in modo rigido rispettando le finalità della nuova normativa. In particolare, per quanto riguarda l’ipotesi di invio di una fattura relativa ad operazioni non riferite alla Pubblica amministrazione destinataria, in quanto l’operazione non risulta svolta a suo favore (ipotesi a) deve ritenersi sussistente unicamente quando la fattura non sia proprio da riferire all’amministrazione che l’ha ricevuta e non sia possibile ovviare attraverso la richiesta di una nota di credito per assenza dei presupposti stabiliti dall’articolo 26 del Dpr 633/1972. Deve trattarsi cioè di un’operazione di fatto inesistente per il destinatario, derivata da un errore di emissione del fornitore. Si dovrebbe inoltre evitare che il rifiuto possa derivare semplicemente da esigenze di gestione interna al soggetto ricevente: il presupposto di concreta applicazione della fattispecie descritta nella lettera a) potrebbe lasciare margini d’interpretazione che invece, in questi casi, non parrebbero in concreto sussistere. Infatti la prassi operativa e organizzativa interna delle pubbliche amministrazioni spesso dedica un distinto codice Ipa, a cui viene destinato il flusso della fatturaPa, ad esempio per ciascun punto ordinante, ufficio, settore, dipartimento, cioè una semplice articolazione organizzativa interna.

Il rifiuto non si ritiene aderente alla casistica quando, seppure sia errato il codice Ipa (rispetto all’organizzazione interna), la fattura sia giunta all’effettivo destintario da individuare nel soggetto giuridico e non nell’articolazione organizzativa dello stesso. Questi inconvenienti dovranno essere ovviati con apposito flusso interno di gestione del documento elettronico al fine dei successivi adempimenti di registrazione, liquidazione e pagamento. Si evidenzia fra l’altro che rifiuto della fattura non rileva ai fini della sua validità in quanto questa è confermata dalla ricevuta di consegna certificata dal Sistema di interscambio (articolo 2, comma 4, Dm 55/13 e principio di diritto n. 17 del 30 ottobre 2020 dell’agenzia delle entrate), ma può generare uno stallo in relazione all’esigibilità dell’Iva per l’erario, ancorata al pagamento del corrispettivo (articolo 3 del Dm 23 gennaio 2015), alla detraibilità in capo al cessionario (se in attività commerciale), oltre ad impedire la tempestiva regolare riscossione per il cedente (interpello 109/20).

Le altre situazioni

Oltre al caso di rifiuto per inesistenza dell’operazione e ai casi in cui è prevista la possibilità di emissione della nota di variazione (si veda l’articolo pubblicato in pagina), vi sono altre situazioni, che, anche in base alle risposte dell’Agenzia delle entrate, si possono ritenere del tutto avulse dal meccanismo del rifiuto. Si pensi ad esempio al caso della mancata indicazione dell’imposta di bollo, oppure all’errata indicazione di alcuni dati informativi, come ad esempio, il numero Rea del registro delle imprese. La regolarizzazione avverrà con altre modalità nelle rispettive scritture contabili delle parti e la fattura, non rifiutabile, resterà nella condizione come pervenuta all’amministrazione pubblica. In questi casi si ritiene che sarà molto utile utilizzare canali comunicativi alternativi allo Sdi (sistema d’interscambio), ma si potrà utilizzare l’email o, in base alla rilevanza, la Pec.

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