Controlli e liti

L’Irap non raddoppia i termini ma nelle aule se ne discute ancora

La Ctr Lombardia ribadisce l’orientamento consolidato della Corte di cassazione

IMAGOECONOMICA

di Rosanna Acierno

Le contestazioni in materia di Irap sono sempre illegittime se accertate oltre l’ordinario termine di decadenza, anche in presenza di reato tributario con obbligo di denuncia. L’inapplicabilità del termine lungo all’Irap discende, infatti, dal mancato inserimento delle violazioni relative all’imposta regionale tra le ipotesi delittuose previste dal Dlgs 74/2000, che ricomprende in modo espresso soltanto i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza 622/1/2020 depositata il 24 febbraio 2020 (presidente e relatore Labruna).

La pronuncia, seppure in linea con il granitico orientamento giurisprudenziale di legittimità (Cassazione, sentenze 1425/2018 e 4775/2016), suscita interesse non tanto perché provvede a riformare una sentenza di primo grado (emessa nel 2017) che ha ritenuto legittima l’estensione del raddoppio dei termini anche ai fini Irap, ma anche e soprattutto perché fa emergere, ancora nel 2020, l’ostinata resistenza di qualche ufficio legale, nonostante le indicazioni diffuse a livello centrale. La stessa agenzia delle Entrate, infatti, ha chiesto ai propri uffici di abbandonare le contestazioni in materia di Irap se accertate oltre l’ordinaria decadenza e di chiedere, in caso di contenziosi in corso, la cessazione della materia del contendere al fine di evitare l’esito sfavorevole e la condanna alle spese di lite.

La vicenda posta a base della decisione trae origine dalla denuncia del reato tributario di emissione di fatture per operazioni inesistenti (articolo 8, Dlgs 74/2000) in capo a una Srl da parte della guardia di Finanza nel corso di un accesso e dalla conseguente notifica alla medesima società di avvisi di accertamento ai fini Ires, Iva e Irap per anni di imposta ordinariamente decaduti.

In particolare, beneficiando della disposizione contenuta nell’articolo 43 del Dpr 600/73, che nel disciplinare la decadenza del potere di accertamento prevedeva, fino al periodo di imposta 2015, il raddoppio dei termini (poi abrogato dal 2016) in presenza di violazioni con obbligo di denuncia per uno dei reati tributari di cui al Dlgs 74/2000, gli accertatori notificavano alla Srl nell’anno 2015 avvisi di accertamento ai fini Ires, Irap e Iva relativi, peraltro, agli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009.

La Srl impugnava gli atti impositivi dinanzi alla Cpt di Milano che, riuniti i ricorsi, con sentenza 5122/2017, ne confermava appieno la legittimità, ritenendo, peraltro, che in presenza di violazioni penalmente rilevanti il prolungamento dei termini fosse applicabile anche agli accertamenti ai fini Irap.

La sentenza di primo grado veniva così impugnata dinanzi alla Ctr Lombardia dalla Srl, che ne eccepiva, peraltro, l’illegittimità nella parte in cui non aveva tenuto conto del fatto che il raddoppio dei termini non fosse consentito per l’Irap, così come statuito dalla giurisprudenza di legittimità e dalla stessa amministrazione finanziaria (in particolare, dall’agenzia delle entrate con circolare 154/E del 2000 e dalla guardia di Finanza con circolare 1 del 2018).

Nel costituirsi in giudizio, l’ufficio legale delle Entrate insisteva invece per la conferma integrale della sentenza di primo grado, facendo rilevare come «non è ragionevole ipotizzare che il legislatore abbia voluto differenziare l’efficacia del procedimento tributario di accertamento a seconda che riguardi le imposte erariali o piuttosto quella regionale sulle attività produttive quando anche a quest’ultima devono essere applicate le regole procedurali previste ai fini delle imposte sui redditi».

In verità, nell’accogliere la contestazione della Srl, i giudici lombardi hanno confermato l’inapplicabilità del raddoppio dei termini per le contestazioni delle violazioni Irap per la loro irrilevanza penale.

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