Controlli e liti

Non è elusiva la doppia scissione di società operativa e holding

La Dre Lazio: l’operazione per risolvere dissidi tra soci non crea vantaggi indebiti. Tassabili i ristori dovuti per l’attribuzione di beni non corrispondenti alle quote

di Marco Piazza

Non è elusiva la scissione proporzionale di una società operativa seguita dalla scissione non proporzionale della sua holding finalizzata a dirimere i dissidi tra i soci e finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante all’operazione, non è elusiva per insussistenza del «vantaggio principale». Lo conferma la direzione regionale del Lazio nella risposta all’interpello 913-632/2020.

L’iter argomentativo seguito è lo stesso della risoluzione 97/E del 2017:

prioritaria verifica della possibilità di effettuare la valutazione antiabuso (richiesta ai fini del comparto delle imposte dirette, dell’ imposta di registro) ;

in caso affermativo, verifica dell’esistenza del primo elemento costitutivo (l’indebito vantaggio fiscale) in assenza del quale l’analisi antiabuso deve intendersi terminata;

al riscontro della presenza di indebito vantaggio, analisi della sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi (assenza di sostanza economica e essenzialità del vantaggio indebito).

Infine, solo qualora si dovesse riscontrare l’esistenza di tutti gli elementi, all’analisi della fondatezza e della non marginalità delle ragioni extra fiscali.

Nel caso di specie, l’Agenzia si è fermata alla prima fase dell’analisi in quanto non ha riscontrato l’esistenza di vantaggi fiscali indebiti. Nella risposta viene comunque ribadito che la scissione assume valenza elusiva qualora, ad esempio, la stessa rappresentasse solo la prima fase di un più complesso disegno unitario volto alla creazione di società «contenitore» (di intangibles, immobili, eccetera) e alla successiva cessione delle partecipazioni da parte dei soci persone fisiche, con l’esclusivo fine di spostare la tassazione dai beni di primo grado (i.e., gli immobili, eccetera) ai beni di secondo grado (i.e., titoli partecipativi) soggetti a un più mite regime impositivo (capital gain).

Inoltre è necessario, affinché non siano ravvisabili profili elusivi, che la scissione non sia, di fatto, volta all’assegnazione dei beni della scissa o della beneficiaria attraverso la formale attribuzione dei medesimi a società di «mero godimento», non connotate da alcuna operatività, al solo scopo di rinviare sine die la tassazione delle plusvalenze latenti sui beni trasferiti usufruendo del regime di neutralità fiscale.

Una particolarità del caso in discussone è stata che fra la prima e la seconda scissione si è verificato il recesso parziale di uno dei soci attuato in base all’articolo 2437- quater, comma 5, del Codice civile, ovverosia nella forma dell’acquisto di azioni proprie da parte della stessa società emittente (che successivamente potrà provvedere al loro annullamento); operazione che l’istante qualifica come suscettibile di generare redditi diversi e non redditi di capitale, senza che l’Agenzia abbia espresso un’opinione contraria.

La risposta afferma inoltre che «la non proporzionalità dell’operazione, in alcuni casi, non consente a ciascun socio di ottenere una partecipazione avente il medesimo valore economico di quella precedentemente detenuta e che gli eventuali “ristori”, cioè somme di denaro o beni normalmente richiesti da chi subisce il pregiudizio dei propri interessi economici, costituiscono proventi per il percettore, da assoggettare ad imposizione ordinaria». In concreto la norma applicabile dovrebbe essere l’articolo 173, comma 3 del Testo unico, secondo il quale in caso di conguaglio si applicano le disposizioni dell’articolo 47, comma 7, e, ricorrendone le condizioni, degli articoli 58 e 87, ossia quelle sul recesso del socio. L’articolo 47 (applicabile ai soggetti che non esercitano impresa) prevede che le some o valori ricevuti costituiscono utili per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto delle azioni annullate. L’articolo 87, comma 6, per le società di capitali e gli enti commerciali richiamato dall’articolo 58 per gli altri esercenti impresa commerciale, fa indiretto rinvio all’articolo 86, comma 5-bis secondo cui la differenza fra le somme o valori ricevuti a titolo di ripartizione di capitali costituiscono plusvalenze, con l’effetto che l’eventuale ulteriore differenza è assimilata ai dividendi ai sensi dell’articolo 89, comma 2, del Testo unico (si veda la circolare 26/E del 2004, pagina 31).

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