Adempimenti

Buoni pasto, il terminale unico di pagamento a rischio contrasto con la normativa regolamentare e Iva

Sui buoni pasto elettronici restano ancora dubbi sul possibile ambito applicativo per il «pos unico»

Novità in arrivo sull’accettazione dei buoni pasto elettronici ma restano ancora dubbi sul possibile ambito applicativo per il «pos unico» introdotto con la conversione del Decreto Semplificazioni (legge 120/2020). Si tratta, in particolare, della disposizione che garantisce ai pubblici esercizi convenzionati un terminale unico di pagamento (pos) per l’accettazione dei buoni pasto elettronici.

Tale norma, almeno nelle intenzioni, si pone come obiettivo quello di uniformare e semplificare le modalità di utilizzo dei buoni pasto elettronici da parte dei dipendenti presso i pubblici esercizi (ristoranti, supermercati). Oggi, infatti, ciascun pubblico esercizio, attraverso apposita convenzione, pattuisce con l’emettitore dei buoni pasto elettronici le regole riguardanti l’accettazione degli stessi. Tra queste, figurano anche l’istallazione e l’utilizzo di dispositivi, in grado di documentare l’utilizzo dei buoni, facilitando i controlli e garantendo un’adeguata trasparenza. I relativi costi, che variano da convenzione a convenzione, restano a carico del pubblico esercizio.

Proprio per evitare differenziazioni sulle commissioni a carico di quest’ultimo per l’utilizzo dei dispositivi, la norma ha previsto l’introduzione di un terminale unico di pagamento. Ancora tuttavia incerte sono le regole operative su cui occorrerà prestare particolare attenzione. In primo luogo, stando al tenore letterale della norma, il terminale unico deve essere «garantito». La locuzione utilizzata potrebbe generare confusione poiché non sembra evocare un vero e proprio obbligo quanto, piuttosto, una scelta discrezionale. In altre parole, la norma non pare escludere la possibilità di affiancare al pos unico i diversi sistemi di accettazione già concordati tra le parti.

Altro aspetto da chiarire riguarda la definizione «terminale di pagamento» utilizzata dalla norma. Oggi infatti è sufficiente qualsivoglia dispositivo in grado di riconoscere ed accettare i buoni pasto elettronici. Con la nuova formulazione, invece, non è chiaro se debba farsi riferimento a quelli che comunemente vengono definiti pos, ovvero apparecchiature automatiche mediante le quali è possibile effettuare il pagamento di beni o servizi presso il fornitore degli stessi con carte di pagamento. Utilizzando questi ultimi sarebbe attribuita al buono pasto natura di strumento di pagamento, in contrasto con la normativa regolamentare (Dm 7 giugno 2017) e Iva (rel. Ill. Dlgs n. 141/2018, Risp. 519/2019) che lo hanno qualificato come documento di legittimazione (2002 codice civile). Cioè un documento che identifica l’avente diritto e impone al fornitore l’obbligo di accettarlo e di rendere la prestazione ivi indicata.

Altro dubbio riguarda, infine, i costi di gestione del nuovo modello di pagamento. In particolare, il fatto che dall’attuazione della presente norma non «devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» lascerebbe intendere che il terminale unico non dovrebbe essere istituito e gestito dallo Stato, bensì affidato ad operatori commerciali privati. Tenuto conto che la novità non è immediatamente applicabile, in quanto è subordinata alla emanazione di un decreto attuativo del Mise, previo parere dell’Anac, si auspica che questa sia un’occasione per fornire maggiori chiarimenti alle criticità sollevate.

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