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Imposta di registro, cadono le contestazioni basate sulla concatenazione di atti

Le conseguenze sui vecchi accertamenti dopo la sentenza 158/2020 della Corte costituzionale

La Corte costituzionale – con la sentenza 21 luglio 2020, n. 158 – ha auspicabilmente posto fine alla dibattuta questione relativa alla novella dell'articolo 20 del Testo unico del registro (Tur, Dpr 131/1986). Dalla pronuncia derivano importanti ricadute sugli accertamenti già emanati e sull'attività degli uffici dell'amministrazione.

Ma ricostruiamo i passaggi della vicenda.

Il doppio intervento del legislatore e la Cassazione

La disposizione – contenuta nel Titolo III del Tur, concernente l'applicazione dell'imposta e rubricata “interpretazione degli atti” – è stata interessata da due interventi legislativi nel 2017 e 2018 oggetto di significativi contrasti interpretativi.

Il testo originario prescriveva che l'imposta fosse «applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente». Tale formulazione letterale aveva dato origine ad un filone accertativo in cui l'agenzia delle Entrate applicava l'imposta sulla base della interpretazione delle operazioni svolte in luogo dell'interpretazione dell'atto registrato, arrivando a riqualificare una serie concatenata di negozi sulla base di elementi extratestuali ed effetti giuridici prodotti, anche laddove tali effetti non fossero il risultato della effettiva volontà delle parti (si pensi ai casi delle cessioni frazionate di beni a cui le parti sono obbligate poiché taluni beni sono res litigiosae).

La legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017, articolo 1, comma 87) ha modificato l'articolo 20, restringendo l'oggetto dell'interpretazione negoziale al solo «atto presentato alla registrazione», di cui si possono valutare elementi testuali ed effetti giuridici ai fini dell'applicazione dell'imposta. La tariffa applicabile deve essere individuata prescindendo invece da dati extratestuali e dagli atti collegati a quello presentato alla registrazione. La stessa Legge di bilancio ha introdotto, all'articolo 53-bis del Tur (attribuzioni e poteri degli uffici), un richiamo che fa salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente per le condotte che integrano abuso del diritto. Benché l'intenzione del legislatore, palesata nella relazione illustrativa alla legge di Bilancio 2018, fosse chiarire il criterio di individuazione della natura e degli effetti che devono essere presi in considerazione ai fini della registrazione, la Cassazione ha maturato un orientamento (Cassazione civile 2007/2018, 4407/2018, 5748/2018, 7637/2018, 8619/2018) volto a disconoscere la natura interpretativa della novella, negandone dunque l'efficacia retroattiva.

La legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018, articolo 1, comma 1084) è nuovamente intervenuta al fine di chiarire come la disposizione introdotta nell'anno precedente costituisse interpretazione autentica dell'articolo 20 del Tur e pertanto dovesse alla stessa attribuirsi efficacia ex tunc.

La Cassazione, con l'ordinanza 23549 del 23 settembre 2019, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 20 de Tur, come modificato dalla novella del 2017 e 2018, per contrasto con i principi di ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione) e capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione).

Le censure mosse dai giudici rimettenti muovevano da una riproposizione dei sillogismi utilizzati dalla giurisprudenza di cassazione precedente al fine di dimostrare come la discrezionalità legislativa esercitata sarebbe in contrasto con i principi costituzionali (richiamando il principio di «prevalenza della sostanza sulla forma»). Superata la concezione del tributo come tassa per il servizio pubblico di registrazione, l'imposta di registro deve colpire le manifestazioni di “forza economica” secondo il principio di capacità contributiva. Pertanto, pur qualificata come “imposta d'atto”, l'oggetto dell'interpretazione ai fini del registro deve essere l'atto-negozio: per ricostruire la causa concreta del complessivo “negozio” ed individuarne l'effettiva “forza economica” sarebbe necessario interpretare il complesso di effetti giuridici desumibili – ex post – da quanto complessivamente realizzato dalle parti.

L'esclusione degli elementi extra testuali porterebbe inoltre ad una irragionevole discriminazione impositiva tra situazioni che (unitariamente o per mezzo di plurimi negozi) manifestano la stessa forza economica. Conclude sul punto sostenendo l'irrilevanza, a tali fini, della possibilità di applicare l'articolo 10-bis legge 212/2000 anche per identificare fattispecie artificiose realizzate mediante collegamento negoziale (come espressamente previsto dall'articolo 10-bis), posto che la riqualificazione ai sensi dell'articolo 20 deve intercettare tutti i casi in cui gli effetti prodotti “sul piano obiettivo” divergano dall'atto presentato alla registrazione, anche per effetto di condotte «effettivamente rispondenti ad esigenze pratiche sostanziali, nel senso di non deviate né strumentali né unicamente orientate al risparmio d'imposta».

La pronuncia della Consulta

La Corte costituzionale, con la sentenza 158, ha dichiarato non fondate le questioni sollevate. Il legislatore, intervenendo sul testo dell'articolo 20, ha definito quali sono le fattispecie che costituiscono presupposto impositivo, con un legittimo esercizio della sua discrezionalità legislativa nel rispetto dei principi costituzionali; la lettura della Cassazione costituisce invece una illogica ed arbitraria interpretazione abrogatrice della novella.L'esclusione degli elementi desumibili aliunde nell'applicazione della tariffa del registro è coerente con la disciplina sostanziale e processuale del tributo, che conserva la natura di “imposta d'atto”. Censurabile è poi l'assunto, da cui muove l'ordinanza, secondo cui i fatti espressione di capacità contributiva desumibili dalla causa concreta del negozio complessivo, di cui l'atto fa parte, sono gli unici compatibili con i parametri costituzionali di ragionevolezza e capacità contributiva. Ben può infatti il legislatore identificare il presupposto impositivo nei soli effetti dell'atto presentato alla registrazione, garantendo un criterio omogeneo di qualificazione e sussunzione di tutti gli atti nel disposto della tariffa. Da ultimo, la Corte conferma che l'articolo 20 del Tur non ha natura anti-elusiva e che l'ottenimento di vantaggi fiscali indebiti è comunque precluso dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 10-bis Statuto dei diritti del contribuente.

Le ricadute pratiche della sentenza

La sentenza in oggetto offre una corretta interpretazione dei principi costituzionali e fornisce nel contempo utili indicazioni sulla corretta applicazione dell'articolo 20 del Tur. Da un lato è venuta meno la possibilità di applicare l'imposta di registro per effetto di una interpretazione unitaria degli atti, ex articolo 20, dall'altro permane il potere degli uffici di sindacare le costruzioni puramente artificiose mediante una contestazione di abuso del diritto ai sensi dell'articolo 10-bis, con tutte le necessarie garanzie procedurali. Le conseguenze pratiche sono di due ordini:

(i) la caducazione di tutte le contestazioni basate esclusivamente sulla “concatenazione obiettiva” degli atti, non sorrette dalla prova di un intento elusivo. Ciò comprende, le contestazioni basate sull’abuso del diritto sollevate prima del 1° gennaio 2016 (data di entrata in vigore dell'articolo 10-bis legge 212/2000) facendo applicazione dell'articolo 20 del Tur, posto che la disposizione non ha natura antielusiva e che il previgente articolo 37-bis del Dpr 600/1973 trovava applicazione unicamente in un numero circoscritto di casi;

(ii) la riqualificazione dell'atto presentato alla registrazione come schema artificioso sorretto dalla volontà parti per eludere l'applicazione dell'imposta di registro è valida unicamente se la relativa contestazione è elevata ai sensi dell'articolo 10-bis dello Statuto, con relative garanzie procedurali.

In pratica, l'abbandono di un consistente numero di contestazioni sollevate in passato e una rimodulazione delle contestazioni per il futuro: impossibile riqualificare gli atti presentati travalicando lo schema negoziale tipico in cui l'atto risulta inquadrabile, senza la prova del disegno elusivo. Saranno dunque permesse ai contribuenti forme legittime di pianificazione fiscale.

La Corte ha riaffermato la centralità delle garanzie procedurali in materia di abuso del diritto, che devono essere rispettate anche in materia di imposta di registro. Gli uffici dovranno astenersi dal muovere ogni qualvolta le operazioni:

(i) presentino una effettiva sostanza economica;

(ii) non siano preordinate al raggiungimento di vantaggi fiscali indebiti; ovvero

(iii) realizzino un legittimo risparmio d'imposta in quanto sorrette da valide ragioni economiche extra fiscali non marginali.