Diritto

Decreto 231, il commissariamento non impedisce il patteggiamento

La Cassazione dà il via libera all’applicazione del rito alternativo

di Giovanni Negri

Anche la società sottoposta a commissariamento perchè indagata per corruzione può accedere al patteggiamento. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 40563 della Sesta sezione penale. Accolto così il ricorso che, sul punto della ripartizione delle spese di giudizio non riconsciuto nel merito, aveva presentato la difesa di una srl coinvolta in un procedimento per corruzione, nel corso del quale aveva concordato con la pubblica accusa una sanzione pecuniaria di 70.000 euro, oltre all’interdizione per 6 mesi dall’esercizio dell’attività, sostituita con la nomina di un commissario giudiziale.

La Cassazione innanzitutto ricorda come, decreto 231 alla mano, la società può accedere al patteggiamento in tre ipotesi:

a) se anche il processo nei confronti della persona fisica che ha agito per suo conto si conclude con il rito alternativo;

b) se il processo alla persona fisica è suscettibile di essere definito con pena concordata, ma l’intesa non è stata formalizzata;

c)se, indipendentemente dalle scelte di rito dell’imputato persona fisica e dall’esito del giudizio nei suoi confronti, anche per quello che riguarda la misura della pena da lui concordata, l’illecito da reato ascritto all’impresa è punibile con la sola sanzione pecuniaria e non anche con una misura interdittiva.

Dunque, un ripiegamento della disciplina del rito applicabile all’ente su quella prevista per la persona fisica non è coerente con l’impianto della normativa sulla responsabilità amministrativa introdotta nel 2001.

Fatta questa premessa, la Corte avverte che non può costituire un ostacolo il fatto che il Tribunale ha individuato i presupposti per l’applicazione della sanzione interdittiva, tuttavia rimpiazzandola con la nomina di un commissario giudiziale. Per arrivare a questa conclusione, la Cassazione valorizza la funzione del commissariamento che, in base a quanto delineato dallo stesso decreto 231, rappresenta lo strumento, specificamente individuato dal legislatore, per la prosecuzione dell’attività dell’ente, al posto dell’applicazione della misura interdittiva che impedirebbe la continuità aziendale o, comunque, nel limiterebbe significativamente l’ambito operativo.

In questo contesto, allora, il commissariamento non può essere inserito tra le sanzioni amministrative applicabili all’ente, ma rappresenta invece, «una misura del tutto diversa da quelle, per natura e funzioni, alternativa rispetto ad esse nonchè precipuamente volta ad evitarne alcuni “effetti collaterali”». Già in passato, in un procedimento che aveva coinvolto una società erogatrice di un servizio pubblico, la Cassazione aveva peraltro ricordato come proprio il commissariamento deciso allora ha come obiettivo di evitarne l’interruzione, oltre che di impedire gravi ripercussioni sull’occupazione.

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