Imposte

Casse di previdenza, al fisco 765 milioni l’anno

L'aliquota sulle rendite al 20% (e non al 26) farebbe risparmiare 200 milioni. Pappa Monteforte (Cassa Notai): una tassazione che non ha eguali in Europa

di Federica Micardi

Le Casse di previdenza dei professionisti, autonome e quindi senza contributi statali, versano ogni anno al fisco quasi 765 milioni di euro. Le imposte sugli investimenti mobiliari rappresentano circa il 91%, per un valore di 695 milioni (l’aliquota media è circa del 20% se si considerano i nuovi investimenti in economia reale esenti - una minoranza -, la tassazione delle rendite finanziarie del 26% e la tassazione dei titoli di Stato del 12,5%).

«A questa cifra vanno poi aggiunte - ricorda il presidente Adepp, l’associazione delle Casse di previdenza dei professionisti , Alberto Oliveti - le tasse versate dai professionisti pensionati: quasi un miliardo di euro, dato che le prestazioni erogate, tra previdenza e assistenza, ammontano a circa 7,4 miliardi l’anno, a fronte di una raccolta intorno agli 11,1 miliardi». Numeri che emergono da un’elaborazione del Centro studi Adepp, i cui risultati sono stati presentati nel corso del convegno organizzato a Roma dalla Cassa del Notariato in collaborazione con Adepp.

Le Casse di previdenza dalla privatizzazione (1994) hanno accumulato un patrimonio di oltre 100 miliardi, e contano 1,68 milioni di iscritti attivi; questo fa di loro uno dei principali investitori istituzionali senza però che la politica sia riuscita a strutturare una loro partecipazione “organizzata” negli investimenti del sistema Paese (come, invece, accade in altri Stati). Le risorse delle Casse sono comunque presenti sul territorio, circa il 50% delle loro ricchezze resta in Italia, mentre il 75% risulta investito nell’area euro.

Negli ultimi anni è cresciuto molto anche il welfare della previdenza privata, che nel corso della pandemia ha subito un’accelerazione. Come sottolinea il presidente della Cassa del notariato, Vincenzo Pappa Monteforte, le Casse hanno messo in campo azioni di welfare che si sono rivelate importantissime per sostenere i professionisti di fronte alla pandemia. Monteforte, ricordando che la Cassa del notariato versa ogni anno 23 milioni all’erario, sottolinea come gli enti di previdenza privati potrebbero indirizzare maggiori risorse a favore degli iscritti che hanno più bisogno se la tassazione fosse meno pesante: «Subiamo un regime di tassazione che non ha eguali in Europa». Un’affermazione avallata da uno studio ad hoc fatto dalla Fondazione italiana del notariato che ha messo a confronto i sistemi di tassazione di diversi paesi e approfondito il caso Italia dove le Casse, che sono previdenza di primo pilastro sono tassate più dei fondi pensione (secondo pilastro). «Se le Casse fossero tassate sui rendimenti al 20% come i fondi di previdenza complementare - sottolinea Oliveti - il risparmio per le Casse sarebbe di circa 200 milioni». Anche sull’erogazione è enorme la differenza della tassazione tra il primo pilastro (secondo gli scaglioni Irpef) e di secondo pilastro (massimo 15%, a scalare nel corso degli anni fino a un minimo del 9%).

Il tema della tassazione delle Casse è stato evidenziato più volte nel corso degli ultimi anni, senza trovare ascolto presso il legislatore. Un problema noto ad Andrea de Bertoldi (senatore Fdi), presente al convegno, che ha definito inaccettabile che chi opera nella previdenza e assistenza venga tassato alla pari dei normali speculatori.

Lo scioglimento delle Camere allontana, almeno per ora, il decreto che mira a regolare gli investimenti finanziari, percepito dalla previdenza dei professionisti, e da un giurista come Sabino Cassese, un ulteriore limite alla loro autonomia, che negli anni si è andata riducendo. A questo proposito Pappa Monteforte chiede ai decisori politici di prendere atto delle capacità organizzative e amministrative dimostrate finora dalle Casse e di rispettarne l’indipendenza.

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