Controlli e liti

Risponde di sanzioni e imposte il beneficiario effettivo della società schermo

L’ufficio deve dimostrare che l’interponente ha il possesso del reddito

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L'amministratore di fatto che beneficia dei redditi della società schermo risponde non solo delle sanzioni ma anche delle imposte dovute dall'ente. Il principio vale anche ai fini Iva perché si crea un rapporto di mandato senza rappresentanza tra l'interposto e l'interponente. A precisarlo è la Cassazione con la sentenza 23231.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società ritenuta cartiera e a cinque amministratori di fatto. In particolare, secondo le indagini svolte, le persone fisiche avevano materialmente agito per conto della società per realizzare una frode unionale.

La Suprema corte ha rilevato che secondo l'articolo 7 del Dl 269/2003 la società risponde della sanzione ed è escluso che sia irrogabile la penalità alla persona fisica materialmente autrice della violazione. Tale disposizione però è applicabile solo a condizione che l'ente sia l'effettivo beneficiario degli illeciti, poiché qualora risulti che il rappresentante o l'amministratore della società abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l'ente come schermo, le persone fisiche risultano sanzionabili.

Se l'amministratore di fatto ha utilizzato lo schermo sociale nel suo esclusivo interesse sorge la presunzione che ha avuto beneficio anche dei relativi proventi. In materia di imposte dirette, infatti, applicando l'articolo 36 del Dpr 602/73, può ritenersi che l'amministratore di fatto di una “cartiera” abbia incamerato i proventi dell'evasione e conseguentemente egli debba fornire la prova contraria. Dinanzi a una società schermo, esiste un soggetto che fa proprie le attività, i redditi e i proventi. Secondo l'articolo 37, comma 3 del Dpr 600/73, sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti, quando sia dimostrato anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli è l'effettivo possessore per interposta persona.

La funzione di tale norma è di evitare che il contribuente (effettivo possessore) si sottragga al prelievo attraverso l'intestazione formale a un altro soggetto. Secondo la Cassazione il principio è applicabile anche al reddito di impresa e all'ipotesi in cui l'interposto sia una società di capitali. Ai fini probatori non occorre individuare la natura fittizia o ingannevole della titolarità, bensì l'effettività del possesso del reddito. L'uUfficio dovrà dimostrare che l'amministratore di fatto dispone delle risorse dell'ente. La traslazione del reddito d'impresa dall'interposto all'interponente è così idonea ad assicurare il recupero delle imposte in capo ai terzi persone fisiche.

Tale principio vale anche ai fini Iva: tra interponente ed interposto si instaura un rapporto di mandato senza rappresentanza, dove il mandatario è il gestore e la mandante è la società. Ne consegue che ove le prestazioni di servizi cui il mandatario abbia partecipato per conto della società siano soggette ad Iva, pure il rapporto giuridico del mandato è soggetto all'imposta.

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