Imposte

Ricerca e sviluppo, la collocazione dei costi incide sull’importo del credito

Riformulata l’agevolazione, dal 2020 non viene più utilizzato il criterio incrementale

di Carlo Maria Andò

L’attuale regime del bonus ricerca e sviluppo (articolo 1, commi 198-207, legge 160/2019) si contraddistingue, rispetto al precedente regime previsto dal Dl 145/2013, per alcune differenze sia con riferimento al meccanismo di determinazione del credito sia con riguardo alle tipologie di costo agevolabili, riformulandone, in taluni casi, la descrizione e le regole di rilevanza ai fini del calcolo.

Abbandonando il criterio incrementale, infatti, dal 2020 il bonus si determina applicando l’aliquota agevolativa ad una base di calcolo composta dai soli costi di ricerca e sviluppo sostenuti nel periodo d’imposta, che, nonostante una parziale riformulazione, possono ancora essere distinti in due macro classi:

- costi di ricerca e sviluppo interni (tra cui, a titolo di esempio, il personale dipendente o autonomo o le quote di ammortamento degli asset materiali mobili o dei software);

- costi di ricerca e sviluppo esterni, che vanno dalle spese per contratti di ricerca extra-muros ai servizi di consulenza.

Rispetto al regime previgente, tuttavia, per alcune tipologie di spesa (e solo per alcune) è stato introdotto un tetto massimo di rilevanza che è peraltro parametrato all’ammontare di alcune delle altre tipologie di spesa ammissibili. Si tratta, in particolare, delle spese per servizi di consulenza (articolo 1, comma 200, lettera e) e le spese per materiali (articolo 1, comma 200, lettera f) ammesse al credito per un importo massimo pari rispettivamente al 20% e al 30% delle spese del personale (di cui alla lettera a) ovvero delle spese per contratti di ricerca extra-muros (di cui alla lettera c.

A fronte delle nuove regole, è evidente come la collocazione di un costo tra una categoria di spesa piuttosto che un’altra possa incidere, anche notevolmente, sulla quantificazione del credito spettante. A questo riguardo, i maggiori dubbi concernono la classificazione dei costi “esterni” relativi alle prestazioni di terzi, ovverosia quei costi che, secondo il vecchio regime erano ammissibili come spese di ricerca extra-muros (articolo 3, comma 1, lettere c, c-bis del Dl 147/2013) o spese per competenze tecniche (articolo 3, comma 1, lettera d, Dl 147/2013).

Con la nuova formulazione della norma, le tipologie di spesa a cui ricondurre tali prestazioni si sono in parte modificate: la ricerca extra-muros è ancora presente, mentre il riferimento alle “competenze tecniche” è stato eliminato, lasciando spazio ai servizi di consulenza ed ai servizi analoghi. La prassi a disposizione sull’attuale regime è ben poca, ma può tornare utile quella disponibile con riguardo al regime precedente. Per ricerca extra-muros, infatti, si è sempre inteso l’affidamento di un progetto o sotto-progetto di ricerca ben definito a un terzo il quale, in virtù di un contratto, opera in totale autonomia di mezzi ed organizzazione, con l’obbligo di ritornare dal committente con i risultati della ricerca (o col prototipo sviluppato). Se è quindi vero che, nella ricerca extra-muros, il “pallino” dell’attività è in mano a un soggetto terzo, il quale, in totale autonomia, conduce le attività in base agli accordi col committente, nel caso di servizi di consulenza o servizi analoghi, invece, la prestazione del soggetto terzo tenderebbe a collocarsi all’interno di un rapporto dove il “pallino” del progetto o sotto-progetto è nelle mani della società committente. In altre parole, il contributo tecnico-consulenziale costituisce solo uno degli ingredienti che, in aggiunta a quelli di fonte interna, contribuisce all’ottenimento del risultato atteso. Dal punto di vista pratico, tuttavia, una netta delineazione delle due fattispecie non è sempre così agevole. Si pensi, ad esempio, a tutta quella serie di attività o sotto-attività di testing e collaudo spesso delegate a soggetti terzi che l’agenzia delle Entrate ha assimilato, a più riprese, alla ricerca extra-muros (circolare 13/E/2017, risoluzione 119/E/2016). Se, in passato, tale classificazione poteva non alterare l’ammontare del credito, tale scelta oggi potrebbe creare distorsioni, considerato che le spese di ricerca extra-muros non sono soggette a limitazioni ed, anzi, costituiscono parametro per la rilevanza di altre voci di spesa.

Allo stato attuale, potrebbe essere suggeribile inquadrare tali spese tra i servizi di consulenza, rilegando alla ricerca extra-muros solo i contratti per progetti o sotto-progetti integralmente appaltati ad un soggetto terzo.

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