Controlli e liti

Trasformazione societaria e compensazione delle perdite: è elusione

La Corte ritiene carenti le ragioni economiche dell’operazione avviata per usata le perdite della controllata

di Silvio Rivetti

La sequenza delle operazioni che vede una società di persone trasformarsi in società di capitali, optare per il regime di consolidato nazionale, cedere propri immobili e compensare la plusvalenza nell’ambito del consolidato con le perdite della controllata, richiede di essere giustificata da valide ragioni economiche, in assenza delle quali non può che configurarsi l’abuso del diritto. Il caso è oggetto della pronuncia 17743 del 22 giugno 2021 della Corte di cassazione (si veda anche l’articolo su NT+ Fisco), che conferma come il disegno elusivo perseguito dalle parti possa essere svelato solo dall’analisi della connessione di una serie di passaggi, pienamente leciti in sé; e sempreché i contribuenti non siano in grado di dimostrare concretamente i fatti, attestanti le valide regioni economiche sottese alle iniziative adottate.

Nel dettaglio, questa è la sequenza messa in atto:

1) una società in accomandita semplice, alle prese con la costante situazione di perdita della Spa controllata, si trasforma in Srl;

2) fissando alla stessa data della trasformazione l’inizio del nuovo esercizio sociale, la società procede a due cessioni immobiliari (la prima, nella stessa data della trasformazione; la seconda, pochi giorni dopo);

3) avendo optato per il consolidato fiscale nazionale ai sensi dell’articolo 117 del Tuir, la società viene quindi a compensare la plusvalenza immobiliare conseguita con le perdite facenti capo alla Spa controllata e utilizzando - correttamente - le sole perdite “di periodo” della stessa, maturate in costanza di regime (per essere, quelle maturate anteriormente all’esercizio dell’opzione, intrasferibili al consolidato e sottratte al regime di circolazione delle perdite proprie del consolidamento: articolo 118, comma 2, del Tuir).

A seguito del disconoscimento, da parte dell’agenzia delle Entrate, degli effetti dell’operazione ai sensi dell’articolo 37-bis Dpr 600/1973 allora vigente, la società impugnava il recupero d’imposta, ottenendo sentenza favorevole in primo grado, confermata in appello. La Ctr, in particolare, statuiva che le scelte imprenditoriali non potevano essere sindacate in chiave antielusiva, perché al di fuori dei casi tassativi dell’articolo 37-bis; e che il risparmio fiscale derivante dall’uso delle perdite fiscali delle società in consolidato, come descritto, doveva intendersi lecito e non il frutto di un’elusione fiscale.

L’esito dei giudizi di merito è stato sovvertito dalla Suprema corte, per la quale l’abusività della trasformazione sociale poteva, invece, essere contestata alla società contribuente. Non solo perché espressamente contemplata dal previgente articolo 37-bis, ma anche perché l’abuso del diritto connota per definizione fattispecie “atipiche”, non limitabili a un numero chiuso, per effetto dei generali principi unionali regolanti la materia e delle norme “aperte” che vi danno attuazione (come quella, di riordino, dell’articolo 10-bis della legge 212/2000). Con la sentenza in esame, la Cassazione non manca di far rilevare la fragilità degli elementi probatori addotti dalla società, a riprova delle valide ragioni economiche sottese alle sue operazioni, pur rinviando formalmente la causa ad altra sezione di Ctr.

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