Diritto

Patti parasociali senza scadenza, recesso possibile in ogni momento

La sentenza del tribunale specializzato di Milano: l’indeterminatezza della durata permette l’uscita a proprio piacimento

ADOBESTOCK

di Angelo Busani

Da un patto parasociale stipulato tra i soci di una Srl, ciascuno di essi può recedere in ogni momento se si tratta di una pattuizione stipulata a tempo indeterminato o qualora ricorra una giusta causa di recesso. In tal senso decide il Tribunale di Milano (sezione specializzata d’impresa) nella sentenza n. 19 del 4 gennaio 2022.

Nel caso che ha avuto esito nella sentenza predetta, una Spa (Alfa) e una Srl (Beta) si erano accordate di costituire una nuova società (Newco) pattuendo una pluralità di accordi in ordine alla gestione della Newco e ai loro rapporti: tra l’altro, prevedendo versamenti di capitale, vietando ai pattisti la cessione delle rispettive quote nella Newco per un certo periodo, stabilendo alcune regole di governance della Newco (tra cui l’affidamento dell’amministrazione della Newco ai soci di Beta e la regolamentazione del loro compenso) e vincolando i soci di Beta a mantenere per un certo periodo il controllo di Beta, eccetera.

Il Tribunale, analizzando il patto, rileva anzitutto che, nonostante la previsione della permanenza di alcuni obblighi dei pattisti per dati periodi, il patto stesso non potesse reputarsi come avente una durata determinata: secondo il Tribunale, anzi, si trattava di una pattuizione «regolante un orizzonte temporale indeterminato, con la conseguenza, dunque, … della ammissibilità di un recesso ad nutum esercitato da» uno dei pattisti. In altre parole, in conseguenza della indeterminatezza della durata di un contratto, ciascuno dei contraenti può uscire dal contratto stesso in qualsiasi momento, senza dover motivare la sua fuoriuscita e, quindi, appunto, ad nutum e cioè a proprio piacimento.

Si tratta di una conclusione derivata dall’applicazione di un principio generale dell’ordinamento, vale a dire quello in base al quale il vincolo obbligatorio perpetuo è inammissibile (in quanto eccessivamente limitativo della libertà individuale ed economica del soggetto obbligato), con la conseguenza che la pattuizione di un vincolo illimitato è bensì lecita, ma riceve temperamento, appunto, nella facoltà dell’obbligato di spogliarsi in qualsiasi momento e senza onere di motivazione dell’appartenenza al contratto da cui origina il suo obbligo a tempo indeterminato.

Dopo aver affermato questo principio, il giudice milanese osserva inoltre che, nel caso giunto al suo giudizio, se anche non si fosse trattato di una pattuizione a tempo indeterminato, pur sempre la facoltà di recesso dal patto sarebbe stata esercitabile al ricorrere di una giusta causa. Questo principio viene dettato dal Tribunale osservando il dettato di alcune norme del Codice civile, disciplinanti situazioni bensì diverse, ma pur sempre coerenti nel loro razionale, e cioè:

l’articolo 2383, comma 3, che consente la revoca degli amministratori di Spa, nominati a tempo determinato e sempre revocabili ad nutum, salvo il diritto al risarcimento nel caso di assenza di giusta causa;

l’articolo 1725, in tema di revoca del mandato oneroso, recante una disciplina analoga;

l’articolo 2237, il quale consente il recesso dal contratto di prestazione d’opera professionale, esercitabile ad nutum dal cliente, salvo il pagamento del compenso per l’opera svolta fino al recesso (e il rimborso delle spese).

In altre parole, applicando al patto parasociale, «in via di analogia, le» predette «regole previste per la cessazione di ipotesi di collaborazione similmente fondate sull’intuitus personae» (vale a dire sulle caratteristiche personali dei contraenti e sul carattere estremamente fiduciario del loro rapporto), si giunge appunto a legittimare una libera facoltà di recesso quando, in un rapporto parasociale, insorga una giusta causa che legittima i contraenti, o taluno di essi, a fuoriuscire dal patto.

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