Controlli e liti

Stop all’ottemperanza senza la messa in mora

Per la Ctp Roma 7374/21/2021 il ricorso dev’essere preceduto dalla notifica dell’atto di messa in mora

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di Marco Ligrani

Il ricorso in ottemperanza dev’essere necessariamente preceduto dalla notifica, alla parte soccombente, dell’apposito atto di messa in mora che va prodotto in giudizio; in mancanza, il ricorso è inammissibile. Per questa ragione, la Ctp Roma 7374/21/2021 (presidente e relatore Papa) ha “cassato” il ricorso in ottemperanza con cui un contribuente esigeva il pagamento delle spese di giudizio, liquidate a suo favore in una sentenza di alcuni anni prima, in quanto aveva – appunto - omesso di produrre in giudizio l'atto di messo in mora.

La vicenda, in particolare, prende le mosse da una sentenza del 2018 divenuta definitiva per decorso del termine lungo di impugnazione, con la quale la medesima commissione aveva posto a carico dell’allora parte soccombente la rifusione delle spese di giudizio, quantificate in cinquecento euro.

A distanza di quasi due anni, la parte vittoriosa aveva depositato il ricorso per ottemperanza presso la commissione provinciale, chiedendo che venisse nominato un commissario ad acta con fissazione di un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi, in ordine alle spese di giudizio liquidate in quella sentenza.

I giudici, tuttavia, non hanno nemmeno preso in esame la richiesta, avendo rilevato il vizio di procedura consistente nella mancanza, nel fascicolo processuale, dell'atto di messa in mora.

A dire il vero, dalla lettura della sentenza non si evince se la notifica della messa in mora, per il tramite dell’ufficiale giudiziario, sia avvenuta e non sia stata “solo” prodotta in giudizio, ovvero se mancasse ab origine. Per la Ctp, tuttavia, ciò che conta è che tale produzione sia mancata e questa circostanza, risultante dagli atti del processo, ne ha impedito la prosecuzione, quand’anche la messa in mora fosse stata ritualmente notificata.

Infatti, come ricordato dai giudici romani, a norma dell’articolo 70 del decreto legislativo 546/92 (peraltro oggetto di “restyling” dal 2016) la notifica tramite ufficiale giudiziario rappresenta l’unico atto valido a costituire in mora la parte soccombente, dal quale decorre il termine (fissato per legge o, in mancanza, pari a trenta giorni) previsto dal secondo comma di quell'articolo, quale condizione di proponibilità del ricorso. Il ricorso “mancante” di tale necessario presupposto, conclude la commissione capitolina, è – dunque – inammissibile.

Va evidenziato, al riguardo, che - a stretto rigore - il terzo comma riserva la sanzione della inammissibilità alla sola ipotesi della mancata indicazione degli estremi della sentenza di cui si chiede l'ottemperanza; e, allo stesso tempo, che la produzione dell'atto di messa in mora è prevista ove necessario.

Resta il fatto che la notifica dell’atto di messa in mora, nei modi e nei termini previsti dalla norma, rappresenta il presupposto normativo perché possa essere validamente instaurato il successivo giudizio di ottemperanza, che, diversamente, rimane inibito, come concluso dalla Ctp romana.

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