Diritto

Il ricorso sull’omologa va inviato al debitore

La sentenza 21828/2021 della Cassazione: l’organismo di composizione non è una parte

di Patrizia Maciocchi

Nullo il decreto di omologa dell’accordo nella crisi da sovraindebitamento, se il ricorso per contestarlo è notificato solo all’Organismo di composizione della crisi e non al debitore.

L’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento non è, infatti, parte necessaria nel giudizio di omologa dell’accordo. Né assume una tale veste nel procedimento di reclamo o in quello, davanti alla Suprema corte, contro i provvedimenti emessi all’esito di quest’ultimo, oppure negli ulteriori giudizi che riguardano l’annullamento o la risoluzione dell’accordo. La Cassazione (sentenza 21828) detta un principio di diritto per affermare la nullità del decreto di omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento. Un provvedimento emesso dal tribunale monocratico, su istanza del debitore. A giustificare il colpo di spugna il fatto che la banca - che contestava legittimità e convenienza dell’accordo - aveva notificato il suo ricorso solo all’Occ e non al debitore. La Cassazione coglie l’occasione per tracciare i limiti di compiti e funzioni dell’Organismo di composizione della crisi che - ricordano i giudici - possono essere svolti anche da un solo professionista nominato dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. L’Occ può essere consulente del debitore, attestatore fidefacente a tutela dei creditori, dei quale può essere mandatario, o ausiliario del giudice. La sua attività si sviluppa nelle tre fasi della procedura, che vanno dal deposito della proposta, all’omologa dell’esecuzione. Ma non ha alcuna rappresentanza del debitore nè della procedura. È, infatti, il debitore che compie atti di gestione, o esegue quanto proposto. In nessun modo l’Occ può dunque divenire parte necessaria «né tantomeno, diretto ed esclusivo destinatario di qualsiasi atto processuale attinente alla procedura in sé». Una conclusione - precisa la Suprema corte - che trova conferma nella lettura della legge sul sovraindebitamento (3/2012). La norma stabilisce, tra l’altro, che la possibilità di annullare l’accordo passa per l’istanza «di ogni creditore in contraddittorio con il debitore». Lo stesso avviene nel giudizio di omologazione del concordato preventivo dove come contraddittore necessario si inserisce il commissario giudiziale, ma non, in assenza di una previsione, l’Organismo di composizione.

La Cassazione è tornata sul sovraindebitamento, con l’ordinanza 22665, per ricordare che non è possibile il ricorso straordinario in Cassazione contro il no alle proposte di accordo. La via della suprema corte è, infatti, riservata ai provvedimenti definitivi. Caratteristica che, nello specifico, non c’è. Il provvedimento contestato, infatti, «non decidendo nel contraddittorio tra le parti sui diritti soggettivi e non escludendo la possibilità di reiterare la proposta, manca dei caratteri della decisorietà e della definitività». La strada da seguire è quella del reclamo in Tribunale.

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