Imposte

Anche l’erede ha il prelievo separato sull’azienda

La sentenza 4444/2022 della Cassazione: tassazione separata sulla plusvalenza realizzata se il periodo totale di possesso (cumulando quello del defunto con quello dell’erede) supera i cinque anni

di Giorgio Gavelli

Anche l’erede che cede l’azienda – o il ramo di azienda – ricevuta per successione beneficia (su opzione) della tassazione separata sulla plusvalenza realizzata, laddove il periodo totale di possesso (cumulando quello del de cuius con quello dell’erede) supera i cinque anni. Con la sentenza 4444/2022 (a quanto consta priva di precedenti), la Cassazione risolve un dubbio che da sempre ha interessato la materia.

Il Tuir (articolo 17, comma 1, lettera g) prevede che fruiscono della tassazione separata le «plusvalenze, compreso il valore di avviamento, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni». In caso di successione dell’imprenditore (o di sua donazione), l’articolo 58, comma 1, Tuir definisce la neutralità del passaggio gratuito dell’azienda all’avente causa, mentre il successivo articolo 67, comma 1, lettera h-bis) riconduce ai redditi diversi le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione – anche parziale – delle aziende ricevute per successione e donazione e non proseguite dall’avente causa in regime d’impresa (risoluzione 78/E/2015). In quest’ultimo caso, in base all’articolo 71, comma 2, le plusvalenze sono determinate secondo le stesse regole proprie del reddito d’impresa (articolo 86 del Tuir).

Nel caso affrontato dalla Corte, l’erede aveva ceduto dopo due anni dalla successione (non è ben chiaro se, nel frattempo, aveva gestito l’azienda in proprio), ma il de cuius (coniuge) aveva posseduto l’azienda per ben oltre un quinquennio.

In passato si è spesso discusso se la tassazione separata fosse collegata o meno alla figura dell’imprenditore e alla configurazione della plusvalenza quale reddito d’impresa. Da un lato, è incontrovertibile che anche fattispecie di redditi diversi beneficiano della tassazione separata (vedi la plusvalenza da cessione di area edificabile), dall’altro non ci sono appigli normativi che consentano di sommare il periodo maturato dal de cuius a quello dell’erede. La Cassazione cita alcuni precedenti di prassi in cui ciò è stato consentito, ad esempio in caso di conferimento in neutralità (risoluzione 42/E/2002), di plusvalenza da cessione di fabbricati e terreni agricoli ricevuti per donazione (circolare 28/E/2006), anche nel caso della risoluzione per mutuo consenso della stessa (risoluzione 20/E/2014). Dalla motivazione della sentenza si comprende come la cumulabilità dei periodi di possesso sia collegata alla continuità dei valori fiscali tra dante causa e avente causa, situazione che caratterizza molti trasferimenti di azienda in ambito tributario, non senza considerare anche che, da un punto di vista strettamente civilistico, l’articolo 1146 del Codice civile stabilisce che «il possesso continua nell’erede, con effetto dall’apertura della successione». Ricordiamo che con la circolare 320/1997 fu chiarito che, ai fini del possesso quinquennale, si computa anche il periodo in cui l’unica azienda è stata data in affitto o usufrutto. La sentenza, quindi, consente di mettere a sistema i vari interventi di prassi.

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