Imposte

Il Fisco fa cadere il velo sui conti esteri

di Marco Mobili e Giovanni Parente

La paura per gli evasori potrebbe fare davvero “novanta”. Tanti sono gli Stati che aderiscono tra quest’anno e il prossimo allo scambio internazionale in automatico dei dati su conti correnti, depositi e altri rapporti finanziari detenuti all’estero. C’è chi enfaticamente l’ha definita come la fine del segreto bancario. Per capire se davvero sarà così, bisognerà attendere nel dettaglio come e in quale misura sarà utilizzata questa nuova mole di informazioni destinate ad arricchire il patrimonio informativo dell’amministrazione finanziaria. Qualche dubbio è più che legittimo soprattutto alla luce delle ultime settimane caratterizzate dal caos spesometro e dalle “bacchettate” della Corte dei conti sul mancato utilizzo della Superanagrafe dei conti correnti “interni”. Ed è proprio in questo settore dell’Anagrafe tributaria che dovrebbero confluire i dati dei conti correnti detenuti all’estero dai cittadini italiani. Dati in prima battuta relativi al 2016 e che coinvolgeranno 49 Paesi oltre all’Italia, i cosiddetti early adpoters. Già da stamattina i database del Fisco italiano potranno contare su questi nuovi elementi, dato che la deadline di trasmissione per le amministrazioni finanziarie estere (e della nostra verso gli altri Stati aderenti all’accordo) era sabato 30 settembre.

Solo per fare qualche esempio, ci saranno i dettagli su chi detiene conti e altre ricchezze finanziarie nei forzieri di Anguilla, Isole Vergini britanniche, le Cayman oltre a quelle dei principali Paesi europei. Poi dal 2018 arriveranno anche le informazioni (relative al 2017) Aruba, Hong Kong, Montecarlo, Svizzera, tanto per capire la capillarità e la portata del coinvolgimento. Coinvolgimento che salirà, quindi, complessivamente a 90 Paesi.

Di fatto, quindi, il materiale non mancherà per andare a scandagliare chi ha spostato o accumulato all’estero patrimoni in aree fino ad ora considerate al riparo dagli occhi del Fisco. In realtà, il percorso che dovrà portare all’utilizzo di questo tesoro informativo passa dall’incrocio con altri dati fiscali già attualmente disponibili. La relazione sulla lotta all’evasione che ha accompagnato la Nota di aggiornamento al Def ha messo nero su bianco quale sarà il punto di partenza: «Le informazioni ricevute nell’ambito dello scambio automatico costituiranno un’importante fonte di innesco per successive richieste mirate su casi oggetto di accertamenti fiscali».

Quindi un input, o per semplificare un campanello d’allarme che potrebbe spingere l’amministrazione finanziaria ad approfondire il rischio-evasione di alcuni contribuenti. E c’è un filo rosso nemmeno tanto sottile che collega questa operazione alla voluntary disclosure. Con la prima edizione la voluntary aveva messo a punto un sistema di archiviazione e un applicativo chiamato Cover attraverso l’analisi delle istanze per rilevare statisticamente le condotte evasive più diffuse (soprattutto quelle che prevedono l’allocazione all’estero di risorse e investimenti) e di profilazione di fenomeni ad alta pericolosità fiscale.

Con la seconda, sostanzialmente, si è data ancora un’opportunità a quanti non si erano ancora messi in regola di farlo proprio alla vigilia del passaggio automatico (perché sta qui la vera differenza rispetto al passato) delle informazioni. Una voluntary bis che, nonostante la proroga in scadenza proprio oggi, finora non è stata colta da tutti i soggetti che si preventivavano. Alla scorsa settimana le adesioni complessive (tra quelle datate 2016 e 2017) pervenute con i canali Entratel e Fisconline risultavano poco più di 16mila, quindi all’incirca il 59% dei 27mila che si apettavano. Tanto è vero che il Governo ha dovuto vedere al ribasso nell’aggiornamento del Def le previsioni di recupero da 1,6 miliardi a 850 milioni.

I nuovi dati, dunque, potranno essere incrociati con quelli delle richieste di gruppo verso Paesi con cui erano stati siglati accordi per scambi di informazioni bilaterali e con i nominativi già finiti in alcune liste, come quelli dei Panama papers.

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