Imposte

L’annuncio immobiliare salva dal regime di comodo

di Marco Nessi e Roberto Torelli

Non può essere considerata di comodo la società immobiliare che dimostra di avere tentato di vendere o affittare gli immobili dando l’incarico a un’agenzia immobiliare, riducendo anche il prezzo offerto. Inoltre, devono considerarsi sempre valide le dichiarazioni integrative a favore presentate dal contribuente entro il termine di accertamento previsto dall’articolo 43 del Dpr 600/73, in virtù del novellato articolo 2, comma 8 del Dpr 322/98. Sono questi i principi espressi dalla Ctp Milano 1679/3/2018 (presidente Fugacci, relatore Chiametti).

Nel caso esaminato, a seguito di un controllo automatizzato (articolo 36-bis, Dpr 600/73) l’ufficio provvedeva a iscrivere a ruolo una maggior imposta ai fini Ires nei confronti di una società immobiliare (svolgente l’attività di gestione di capannoni industriali) risultata “non operativa” in base alla disciplina prevista dall’articolo 30 della legge 724/1994. In particolare, dopo avere dichiarato il reddito minimo “presunto” nella propria dichiarazione dei redditi, a seguito del diniego all’istanza di interpello depositata, la società presentava una dichiarazione integrativa a favore, rettificando il reddito originariamente indicato con una perdita. Successivamente, a seguito dello scarto della dichiarazione integrativa inviata, la società provvedeva a inviare una nuova dichiarazione integrativa con contenuto analogo alla precedente. Tuttavia, l’ufficio non riteneva valide le due integrative inviate e provvedeva a notificare alla società la cartella per la riscossione dell’imposta non versata sul reddito minimo presunto indicato nella prima dichiarazione.

La società presentava ricorso e opponeva che il mancato conseguimento del reddito minimo non era dipeso dalla propria volontà, così come dimostrato dai numerosi tentativi di collocazione sul mercato del capannone (operati attraverso numerosi mandati stipulati con diverse agenzie immobiliari e l’affissione di cartelloni pubblicitari) e dalla riduzione di anno in anno del prezzo proposto per la vendita e/o la locazione del fabbricato.

La società ribadiva la legittimità delle dichiarazioni integrative presentate, in quanto valide alla luce delle novità introdotte dal Dl 193/2016 in materia di integrative a favore.

Nell’accogliere il ricorso, i giudici di primo grado hanno sottolineato che la società aveva dimostrato pienamente gli sforzi compiuti per facilitare la ricerca di nuovi acquirenti/locatori. Ciò era dimostrato dalla riduzione del prezzo di vendita che era stata decisa per effetto della crisi economica dell’epoca e dai numerosi mandati conferiti ad agenzie immobiliari.

Inoltre, a seguito del mancato accoglimento dell’istanza di interpello, le due integrative a favore inviate dalla società dovevano essere considerate valide e tempestive: l’articolo 2, comma 8, del Dpr 322/1998 (così come modificato dall’articolo 4 del Dl 193/2016, convertito nella legge 225/2016) riconosce la possibilità del contribuente di presentare una dichiarazione integrativa a favore entro il termine di accertamento previsto dall’articolo 43 del Dpr 600/73.

Ctp Milano 1679/3/2018

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