Imposte

Nello smart working esenti i rimborsi analitici sui costi

Nell’interpello 314 le Entrate riconoscono l’esenzione anche se nella risposta a un interpello non pubblicato l’avevano negata

di Marco Strafile

Con la risposta a interpello 314/2021 di ieri le Entrate tornano sul tema del lavoro agile in tempo di pandemia. Nel dettaglio, la società istante è in procinto di siglare un accordo di secondo livello o di adottare un regolamento volto a disciplinare il trattamento economico e normativo dei dipendenti in smart working.

Per tenere indenni i lavoratori dalle spese, l’azienda intende concedere un rimborso di 0,50 euro per ogni giorno di lavoro da casa, determinato sulla base di parametri che tengono conto per ogni tipologia di spesa (energia elettrica per l’utilizzo di un computer e di una lampada, i costi per l’utilizzo dei servizi igienici e il riscaldamento) del risparmio quotidiano ottenuto dalla società e del correlato costo per il dipendente.

Il quesito verte sull’imponibilità di tali rimborsi che ad avviso dell’istante dovrebbero risultare esenti da Irpef.

Sul punto l’Agenzia ricorda che i rimborsi spese:

- possono essere esclusi da imposizione limitatamente alle somme, diverse da quelli sostenute per produrre il reddito, anticipate dal dipendente per conto del datore;

- non sono da assoggettare a Irpef se rappresentano una mera reintegrazione patrimoniale del lavoratore o costituiscono un’erogazione effettuata nell’esclusivo interesse datoriale;

- determinati in modo forfetario possono essere esenti da tassazione solo se il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota riferibile all’uso nell’interesse del datore e che in assenza di un tale criterio «i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, vanno individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili per evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

A fronte di tale ricognizione l’Agenzia condivide la tesi dell’azienda sulla non imponibilità dei rimborsi in oggetto in quanto «il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, in sostanza, si basa su parametri diretti a individuare costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente» potendosi, quindi, ritenere tali rimborsi riferibili a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore.

A conclusioni opposte giunge l’Agenzia nell’interpello n. 956-632/2021, non pubblicato, su un’analoga fattispecie nella quale il datore prevede di erogare rimborsi spese determinati forfetariamente in misura pari al 30% delle spese (per la connessione a internet, per la corrente elettrica, per l’aria condizionata e il riscaldamento), sostenute dai dipendenti in smart working. Con il medesimo iter argomentativo l’Amministrazione finanziaria sostiene la tassabilità di tali indennizzi per carenza di analiticità nella loro determinazione.

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