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Progetto ampio, tempi stretti e fondi ridotti

di Salvatore Padula

l disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale non è ancora la riforma fiscale. Per la quale servirà molto tempo e altrettanto lavoro, come ha sottolineato il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Il testo approvato dal Cdm è certamente ambizioso, coraggioso, vien da dire, e non solo perché il via libera è giunto pur in assenza della Lega, che non ha partecipato alla riunione dell’Esecutivo.

Un progetto più ampio di quel che si poteva immaginare, il che è positivo. Si dovrà però capire quanto questo progetto sia destinato a diventare concreto, considerando anche la vaghezza (elemento “normale” in una legge delega, ma qui forse eccessiva) di molti principi che ispireranno il fisco del futuro. Altro aspetto critico, oltre alla tempistica (18 mesi per l’emanazione dei decreti delegati), è quello delle coperture. Sul 2022/23 c’è per ora una dote di 3 miliardi (2 + 1 destinati probabilmente alla riduzione del cuneo fiscale). Per il futuro le risorse andranno individuate nel bilancio, attingendo anche ai possibili risparmi che si potrebbero ottenere con la riforma stessa. Draghi ha però detto in modo chiaro che la finalità della riforma è di diminuire il gettito complessivo e non di aumentarlo. Vedremo come. Di antievasione si parla poco, se non come obiettivo generale.

Non si tratta di una riforma complessiva del fisco, ma certamente – se tutti gli articoli del disegno di legge verranno attuati – diventerà tra le più complete degli ultimi anni. Quasi tutte le principali imposte del nostro sistema tributario saranno oggetto di revisione, con la finalità di stimolare la crescita e nel segno della riduzione del carico tributario, della semplificazione e della razionalizzazione.

L’Irpef, in primo luogo, che resterà ancorata al principio costituzionale della progressività e punterà alla riduzione delle aliquote medie e dei salti eccessivi delle aliquote marginali effettive (per esempio, a 28mila euro si passa dal 27 al 38%). E si porterà dietro l’ennesimo tentativo di riordinare le spese fiscali, deduzioni e detrazioni.

L’Ires – oltre a un percorso che la renderà coerente con il sistema di imposizione duale sui redditi personali – vedrà in prospettiva anche l’abbandono del doppio binario tra bilancio civilistico e dichiarazioni fiscali. L’Irap, che sarà gradualmente superata sia per i soggetti Irpef sia per i soggetti Ires, per la quale però il Ddl delega è davvero troppo avaro di dettagli: in questo modo, l’abolizione più che una linea da seguire sembra da catalogare tra i “buoni propositi”. Molto importante (e complessa) è, inoltre, la revisione dell’Iva, con l’obiettivo di sfoltire il numero delle aliquote (4; 5; 10; 22%), anche per contrastare evasione ed elusione, ma che creerà enormi mal di pancia. Da sfoltire anche una serie di microtributi, probabilmente quelli già individuati dalle commissioni parlamentari di Camera e Senato.

Il tema della tassazione immobiliare continuerà a far discutere e a dividere. Il Ddl punta a modernizzare i sistemi di mappatura degli immobili (anche con finalità di contrasto di evasione/elusione) e ad avviare la revisione del catasto fabbricati, seppure in una prospettiva di medio-lungo periodo (2026), per affiancare alla rendita catastale altri due dati: il valore patrimoniale dell’immobile e una rendita ai valori normali (di mercato). Il tutto senza effetti sul livello del prelievo, come dice il testo e come ha più volte ribadito Draghi. Senza che ciò abbia tuttavia tranquillizzato una parte della sua maggioranza. E, forse, neppure una parte dei contribuenti proprietari di case.