Imposte

Test Cfc da rivedere con i criteri della nuova circolare in arrivo

Il 6 agosto scade la consultazione pubblica sul sito delle Entrate

A pochi giorni dal termine del 6 agosto per inviare proposte di modifica o di integrazione, è utile segnalare alcuni degli aspetti di maggiore rilievo affrontati dalla circolare sulla disciplina delle società controllate estere (Controlled foreign companies) attualmente in vigore in seguito alle modifiche introdotte dal Dlgs n.142/2018 (decreto Atad) e sullo schema di provvedimento che contiene i nuovi criteri per determinare in modalità semplificata il requisito dell’effettivo livello di tassazione (Etr) cui è soggetta la controllata estera, da confrontarsi – ai sensi dell’articolo 167, comma 4, lettera a) del Tuir – con la tassazione virtuale italiana.

Ma andiamo con ordine. Uno degli aspetti che più preoccupa riguarda i proventi passive, che, se rappresentano più di 1/3 del totale dei proventi realizzati dalla controllata estera, fanno scattare, sussistendo le altre condizioni previste dalla norma, la qualificazione della stessa come Cfc.

Nel paragrafo 5.1 della circolare, con riferimento ai proventi derivanti da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie, è affermato che rientrano tra i passive income quelli derivanti dalla gestione attiva di capitali per conto terzi o dagli investimenti obbligatori a copertura delle riserve tecniche effettuati, sulla base della specifica normativa di settore, da soggetti sottoposti a vigilanza da parte delle competenti autorità locali. Tale chiarimento arriva in seguito alla scelta del legislatore italiano di non adottare l’opzione per l’esenzione prevista dall'articolo 7, comma 3, della Direttiva, che avrebbe consentito «di non trattare le imprese finanziarie come società controllate estere se non oltre un terzo dei redditi dell’entità appartenenti alle categorie di cui al paragrafo 2, lettera a), deriva da operazioni con il contribuente o le sue imprese associate». Così i soggetti esercenti tali attività, per i quali il superamento della soglia dei passive income è sempre verificato e qualora sia verificata anche la condizione dell’Etr, per disapplicare la disciplina Cfc devono necessariamente dimostrare lo svolgimento di un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

Nel paragrafo 5.2, con riferimento ai proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni e prestazioni di servizi infragruppo, l’Agenzia, distaccandosi dall'orientamento prevalente, afferma che ai fini del test rilevano sia i proventi realizzati dall'entità estera controllata mediante rivendita/prestazione di servizi a terzi indipendenti di beni/servizi acquistati da imprese associate, sia quelli realizzati mediante rivendita/prestazione di servizi a imprese associate di beni/servizi dalla stessa acquistati da terzi indipendenti, in aggiunta – a maggior ragione - alle operazioni che l'entità estera realizza sia dal lato passivo che dal lato attivo con controparti del medesimo gruppo di appartenenza. Ciò potrebbe comportare il mancato superamento del test del passive income in situazioni in cui non si riteneva sussistesse il problema, con conseguente imprevista necessità di dimostrare la sussistenza dell’esimente.

Inoltre la bozza di circolare fornisce un chiarimento sulle modalità di quantificazione dell’Etr per le entità estere considerate fiscalmente trasparenti nello Stato estero in cui sono localizzate e partecipate direttamente da parte di soci fiscalmente residenti (o localizzati) in Italia. In tal caso ai fini del calcolo rilevano anche le (eventuali) imposte pagate dai soci residenti in Italia nello Stato di localizzazione dell’entità trasparente (trattasi dei casi di trasparenza fiscale “non piena”, in cui lo Stato di localizzazione dell’entità trasparente esercita la potestà impositiva sul socio estero relativamente al reddito di tale entità ad esso imputabile). La circolare precisa che, qualora l’entità sia partecipata direttamente da più soci residenti in Italia, di cui uno solo deve applicare la normativa Cfc, è necessario determinare il reddito dell’entità estera corrispondente alla quota di partecipazione agli utili del socio che deve applicare la Cfc e determinare:

l’Etr considerando solo l’imposta estera effettivamente assolta dal socio su tale quota;

la tassazione virtuale italiana considerando solo l’imposta che graverebbe sulla quota stessa.

Altri chiarimenti delle Entrate

Etr test
Imposta italiana: oltre all’Irap, non rilevano le addizionali Ires, l’Ace, le disposizioni in tema di società di comodo, perdita sistematica, studi di settore e rateizzazione plusvalenze.
Imposta estera: tra i tributi da considerare nel calcolo dell’Etr vanno comprese le imposte sul reddito effettivamente dovute dalla controllata nel Paese di residenza, al netto di eventuali foreign tax credit fruiti sulle imposte assolte in altri ordinamenti, oltre a quelle assolte dalla società in altri Stati, versate a titolo definitivo e non suscettibili di rimborso

Esimente
Per dimostrare l’attività economica effettiva le entità che svolgono sia attività “passive” sia altre attività possono riferirsi all’attività nel suo complesso, tralasciando le specifiche dimostrazioni per ciascuna tipologia di attività. Il Fisco contrasterà eventuali fenomeni di swamping (innesto formale di attività “passive” all’interno di un’adeguata struttura) con gli strumenti del transfer pricing, con l’attivazione delle previste procedure di cooperazione amministrativa tra Stati e con altri strumenti eventualmente applicabili (esterovestizione, interposizione, beneficiario effettivo, e così via).

Controllo economico
Il requisito del controllo economico è soddisfatto ogni qualvolta si possa vantare il diritto a partecipare a più del 50 per cento degli utili dell’entità controllata, a prescindere dal nomen iuris del contratto o dello strumento contemplato nella giurisdizione estera (la norma non individua in maniera puntuale il titolo giuridico o lo strumento finanziario che attribuisca al soggetto residente il diritto alla partecipazione agli utili, in quanto, in ragione delle finalità della disciplina, sarebbe limitativo far riferimento agli strumenti finanziari attualmente adottati in Italia).

Utili Cfc
La distribuzione di utili da parte della Cfc non determina alcuna imposizione in capo al socio residente o localizzato in Italia fino a concorrenza dell’importo già tassato per trasparenza. L’eccedenza è assoggettata a tassazione secondo le regole ordinarie. Con il passaggio dal criterio “qualitativo” a quello “quantitativo”, non è più necessario il monitoraggio dell'utilizzo delle riserve in fase di distribuzione.

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