Controlli e liti

Accertamenti doganali italiani in linea con le norme Ue

di Andrea Taglioni

Non viola il principio del contraddittorio endoprocedimentale la normativa interna che, in relazione all’accertamento doganale, si limita a prevedere la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto. Pertanto, la facoltà degli uffici dell’Agenzia di concedere la sospensione dell’esecuzione della decisione, purché le condizioni non siano applicate o interpretate restrittivamente, non pregiudica il rispetto del diritto della difesa del contribuente destinatario dell’atto.
È quanto hanno stabilito gli eurogiudici con la sentenza pubblicata ieri nella causa C 276/16 .
L’origine della vicenda, finita all’attenzione della Corte di Giustizia, fa seguito all’emissione di diversi avvisi di accertamento con cui le Dogane contestavo ad una società il mancato versamento dell’Iva sulle merci importate e non introdotte nel deposito fiscale.
La conferma della pretesa tributaria ad opera della Commissione tributaria regionale veniva censurata in Cassazione dove, tra gli i vari motivi di ricorso, la società lamentava la violazione del diritto al contraddittorio procedimentale in ambito doganale.
Quindi, con l’Ordinanza 9278/16, la Cassazione ha chiesto di verificare se, per il rispetto del principio generale del contraddittorio procedimentale di matrice eurounitaria, sia legittima la normativa italiana che non prevede, in assenza del contraddittorio preventivo, l’automatica sospensione dell’esecuzione dell’atto a seguito della presentazione del ricorso.
La Corte Ue ha dapprima ricordato, valorizzando i principi generale del diritto dell’Unione, che il rispetto dei diritti della difesa trova una generalizzata e pacifica applicazione tutte le volte che l’amministrazione emette atti finali lesivi della sfera giuridica del contribuente.
I giudici, tuttavia, non si sono soffermati solo su tale aspetto, ma hanno anche fornito interessanti principi in relazione ai presupposti posti a fondamento della domanda.
Non viene messo in discussione, quindi, il diritto del destinatario di una decisione che potrebbe incidere sfavorevolmente sui suoi interessi ad essere preventivamente ascoltato, condizionato comunque all’esito di una “prova di resistenza”, ma occorre anche che sussistano elementi concreti tali da giustificare tale richiesta.
A questo proposito la Corte sottolinea come non è ravvisabile nessun pregiudizio difensivo laddove, come nel caso di specie, la normativa interna prevede la possibilità per le autorità doganali di sospendere la decisione adottata. Quest’ultima subordinata al fatto che vi siano validi motivi per ritenere che l’atto impugnato sia incompatibile con la normativa doganale o che vi sia un danno irreparabile al contribuente, purché tali condizioni non siano applicate in maniera restrittiva e limitata.
La sentenza va letta anche alla luce del nuovo Codice Doganale per effetto del quale, dal 1° maggio 2016, è prevista l’obbligatorietà del contradditorio endoprocedimentale prima dell’adozione di ogni provvedimento concernente l’applicazione della normativa doganale.
Infine, tale diritto era già stato previsto a livello nazionale con l’introduzione, ad opera del Dl 1/2012, del comma 4-bis all’articolo 11 del Dlgs 374/90.

Causa C 276/2016 - Sentenza del 20 dicembre 2017

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