Controlli e liti

Diritto al silenzio anche nel giudizio tributario se la sanzione è penale

Per la Cassazione i procedimenti di natura afflittiva devono ritenersi di carattere penale

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Il diritto al silenzio, previsto dalla carta di Nizza, trova applicazione anche nei procedimenti tributari che prevedano l’irrogazione di sanzioni sostanzialmente penali. Lo ha riconosciuto la sentenza n. 6786 della Corte di cassazione, depositata il 1° marzo, seppur rigettando la richiesta del contribuente, sulla scorta del rilievo che il soggetto destinatario dell’accertamento (società di capitali) era diverso dal soggetto che avrebbe potuto avvalersi del diritto al silenzio (rappresentante legale).

La società raggiunta dall’accertamento aveva impugnato l’atto, evidenziando come la rettifica fosse supportata dalla dichiarazione del legale rappresentante che aveva ammesso che un’altra società con la quale la prima aveva rapporti commerciali era una cartiera. All’atto della richiesta di informazioni dell’Ufficio, si eccepiva nel ricorso, non si era data notizia all’interpellato della sua facoltà di non rispondere, in attuazione per l’appunto al diritto al silenzio. In proposito, si ricorda che l’istituto in esame è previsto nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed è stato recepito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (carta di Nizza). Il suddetto diritto opera nell’ambito dei procedimenti penali, nella accezione delineata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia.

In forza di tale interpretazione, tutti i procedimenti sanzionatori che abbiano natura sostanzialmente afflittiva devono ritenersi a carattere penale, a prescindere dalla qualificazione data dall’ordinamento interno. Le sanzioni tributarie italiane, in particolare, sono senz’altro connotate da una finalità eminentemente punitiva e pertanto appartengono alla materia penale. Il diritto al silenzio aveva già trovato riconoscimento interno nell’ambito della normativa sugli illeciti amministrativi di abuso di mercato, a seguito del rinvio alla Corte di giustizia effettuato dalla Corte costituzionale (sentenza nella causa C-481/19).

Con la sentenza n. 6786, la Cassazione ha ammesso, in via di principio, che il diritto medesimo possa essere applicato anche nella materia tributaria, seppure disattendendo l’eccezione della parte, in quanto soggetto terzo rispetto a colui che avrebbe potuto lamentare il mancato rispetto dell’istituto. La Corte ha in proposito rilevato come il diritto in oggetto sia rivolto alle ipotesi in cui si verifica una “costrizione” rappresentata dall’irrogazione di una sanzione punitiva in caso di rifiuto a rispondere. Sempre restando in ambito fiscale, si pensi al divieto di utilizzare in sede giudiziaria documenti richiesti al contribuente, che rappresenta pur sempre una pesante sanzione, in termini di compressione del diritto di difesa.

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