Imposte

Imprese agricole in regime speciale, in dubbio la deducibilità del costo Iva

Gli atti di accertamento sono spesso determinati da incertezze sulla disciplina, ma Il Tuir e le note ministeriali indicano in modo esplicito la rilevanza fiscale

di Giorgio Gavelli

Le imprese che operano in ambito agricolo ricevono, da parte dell’agenzia delle Entrate, atti di accertamento spesso determinati dalle perplessità sul funzionamento della specifica disciplina fiscale, caratterizzata da uno scarso approfondimento interpretativo. A tal proposito, ecco quali sono alcune delle questioni rilevanti.

Le deduzioni discusse

È stata talvolta contestata la deduzione ai fini del reddito d’impresa e della base imponibile Irap dell’onere che può derivare dall’applicazione del regime speciale Iva ex articolo 34 del Dpr 633/72, quando l’Iva effettivamente dovuta sugli acquisti è superiore a quella corrispondente alle percentuali di compensazione previste dal legislatore, che rappresenta l’ammontare detraibile dall’imposta applicata sulle vendite.

Per comprendere meglio questo meccanismo, occorre considerare che la liquidazione Iva per i soggetti in regime speciale avviene sottraendo all’imposta applicata sulle vendite non l’ammontare corrispondente all’imposta assolta sugli acquisti, ma un importo forfettario calcolato sulle vendite in base ad aliquote predeterminate dalla legge, definite «percentuali di compensazione». Se l’Iva effettivamente assolta sugli acquisti è inferiore a quella corrispondente alle percentuali di compensazione, la differenza viene trattenuta dal produttore agricolo e si traduce in un incasso aggiuntivo. Viceversa, qualora l’Iva assolta sugli acquisti risulti superiore a quella corrispondente alle percentuali di compensazione (spesso in relazione all’acquisto di beni strumentali o al sostenimento di spese straordinarie), il produttore agricolo viene inciso dall’imposta che non riesce a detrarre.

La tesi delle Entrate

Tradizionalmente, questi differenziali – iscritti in bilancio a conto economico – ai fini delle imposte dirette e dell’Irap vengono considerati imponibili (per quanto attiene alla cosiddetta “rendita Iva”) oppure deducibili (per quanto concerne l’eventuale “costo Iva”). Certo, l’articolo 34 del Dpr 633/72 non detta alcuna regola sul trattamento dei differenziali ai fini di altre imposte, né lo fa il Tuir, per cui occorre rifarsi ai principi generali e ad alcuni interventi dell’amministrazione finanziaria risalenti nel tempo.

Gli uffici, negli atti di accertamento, richiamano l’articolo 99, comma 1, del Tuir – secondo cui le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione, mentre le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento – e la nota ministeriale n. 9/869/1980. In base a quest’ultimo documento, l’Iva indetraibile deve concorrere, ai fini Irpef/Ires, a integrare il costo sostenuto (per immobilizzazioni e beni merce), ovvero dev’essere spesata quale costo di esercizio. Poiché tale integrazione, nel particolare caso del regime speciale agricolo, non è possibile per effetto del meccanismo forfettario della detrazione, secondo gli Uffici ne conseguirebbe l’indeducibilità del tributo.

La rilevanza fiscale

Nonostante questa tesi abbia incontrato il favore di alcuni giudici di merito (Ctp Forlì 193/01/2017 e Ctr Emilia-Romagna 468/01/2022), chi scrive ritiene che essa sia decisamente opinabile. In primo luogo, l’articolo 99 del Tuir indica alcuni casi di indeducibilità specifica (tra cui non rientra sicuramente quello in esame), stabilendo la deducibilità per tutto quanto non espressamente disciplinato. Esplicita, in tal senso, è la nota ministeriale n. 9/2055/1980, la quale, affrontando il caso specifico del “costo Iva” emergente dall’applicazione dell’articolo 34 del Dpr 633/72, afferma che la forfettizzazione dell’imposta sugli acquisti «fa perdere all’imposta stessa il carattere di neutralità per divenire un elemento rispettivamente di ricavo o di costo».

Del resto è la stessa nota n. 9/869/1980 citata dall’ufficio ad affermare che questo differenziale, «essendo sostenuto nell’esercizio dell’impresa e riferendosi ad attività ed operazioni da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa, ha ovviamente rilevanza in sede fiscale». Il regime speciale Iva è un regime naturale per le imprese agricole interessate ed è possibile (in base al comma 11 dell’articolo 34) l’opzione per il regime normale, vincolante per un triennio.

Ragionando come l’agenzia delle Entrate, una norma settoriale di favore verrebbe in gran parte depotenziata proprio per coloro che investono. E non si comprenderebbe l’asimmetria con l’imponibilità del provento.

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