Diritto

Amministratore di fatto, la Cassazione traccia un identikit

La Corte elenca i comportamenti sintomatici del ruolo di gestione o cogestione

di Sandro Guerra

Con la sentenza 34381 depositata il 16 settembre 2022 la seconda sezione Penale della Corte di Cassazione è tornata a precisare gli indici sintomatici dell’esercizio, in modo continuativo e significativo, dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione di amministratore.
Il tema è quello dell’amministratore di fatto, equiparato dall’articolo 2639 del Codice civile «al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile».
Assai nutrita è la giurisprudenza di legittimità formatasi principalmente in materia di reati fallimentari, societari e tributari, ma spesso limitata alla mera enunciazione di formule astratte, se non di petizioni di principio: è amministratore di fatto, questa la massima più comune, colui che esercita in modo continuativo e significativo, non occasionalmente, il potere gestorio, condotta che non comporta necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di governance (tra le tante, Cassazione, sezione quinta penale, 3 dicembre 2019, n. 49126).
La corte di legittimità, con la sentenza in esame, non solo ha affrontato la questione in una prospettiva diversa da quella dei corporate crime “classici” – la qualifica di amministratore di fatto era qui attribuita ad un soggetto gravemente indiziato del delitto di trasferimento fraudolento di valori (articolo 512-bis del Codice penale) –, ma ha il merito di elencare i comportamenti sintomatici di gestione o cogestione della società risultanti dall’organico inserimento del soggetto in qualsiasi momento dell’iter di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi: dai rapporti di lavoro con i dipendenti, a quelli materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti, con la precisazione che, nel caso di esercizio di una parte limitata dei poteri tipici dell’amministratore, compito del giudice del merito è quello di valutarne la pregnanza.
Il sostanziale invito all’individuazione e all’apprezzamento di condotte materiali “afferrabili” che si colloca nel solco della giurisprudenza secondo cui la continua e significativa ingerenza nella gestione della società sarebbe ravvisabile nel mantenimento delle relazioni commerciali con i principali clienti e fornitori, nella cura della gestione societaria nel comparto amministrativo, nella formulazione di direttive nei confronti dell’amministratore di diritto (Cassazione, sezione quinta penale, 24 gennaio 2020, n. 3011), nell’apertura dei conti correnti e nella gestione dei relativi flussi finanziari, nella presenza in occasione di una verifica fiscale e nella consegna della documentazione contabile richiesta (Cassazione, sezione terza penale, 11 aprile 2022, n. 13676), la costante assenza dell’amministratore di diritto e la mancata conoscenza di quest’ultimo da parte dei dipendenti, il conferimento di una procura generale ad negotia con attribuzione di autonomi e ampi poteri (Cassazione, sezione quinta penale, 21 giugno 2018, n. 28709), l’uso a propria discrezione dei locali della società e del personale amministrativo (Cassazione, sezione quinta penale, 7 novembre 2017, n. 50643).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©