Contabilità

Le società sportive valutano il salto in formula for-profit

di Cristiano Dell’Oste e Nicola Forte

Test di convenienza nel mondo dello sport dilettantistico: presto le associazioni più robuste sotto il profilo economico saranno chiamate a decidere se diventare Srl o Spa “for profit”. Se il disegno della legge di Bilancio 2018 sarà approvato senza modifiche rispetto alla versione licenziata dal Senato dopo il maxiemendamento governativo, dal 1° gennaio si aprirà uno scenario inedito.

Il Ddl prevede la possibilità di costituire la “nuova” società sportiva dilettantistica con fine di lucro, che pagherà l’Ires dimezzata sugli utili (12% anziché 24%) e potrà continuare a considerare detassati i compensi pagati agli sportivi dilettanti entro la soglia di 10mila euro (limite elevato dalla manovra rispetto agli attuali 7.500 euro). Inoltre – con un’aggiunta contenuta nel maxiemendamento – viene previsto che dal 2019 si applicherà l’Iva ridotta al 10% sui «servizi di carattere sportivo» resi da queste società a chi pratica attività sportiva occasionale o abituale nei propri impianti.

A fronte di questi vantaggi, però, le società “lucrative” dovranno rinunciare al regime forfettario di determinazione del reddito e dell’Iva, oltre che a molte delle agevolazioni attualmente previste per lo sport dilettantistico “non profit”: dai proventi decommercializzati alle sponsorizzazioni.

VEDI IL GRAFICO: Il confronto tra società lucrative e non lucrative

Per molti, insomma, le nuove regole non avranno alcun appeal. Questo vale, in particolare, per tutte quelle realtà che faticano a chiudere l’annata in pareggio. Al contrario, la nuova formula può essere interessante per chi ha denaro da distribuire ai soci e vuole azzerare i rischi di contenzioso con il Fisco.

Stimare quanti siano i potenziali interessati è difficile. L’ultimo censimento Istat del 2011 aveva rilevato che i tre quarti dei 114mila enti del Terzo settore attivi in ambito sportivo operano con una logica “non market”, cioè copre meno del 50% dei costi con i ricavi, affidandosi per il resto ad altre soluzioni (in primis, trasferimenti di denaro). Il che fa pensare che tutti questi soggetti non siano in grado di accantonare somme da distribuire. Anche così, comunque, resterebbero oltre 26mila soggetti che coprono con gli introiti più del 50% delle spese. Per avere un termine di paragone, le associazioni sportive iscritte agli elenchi dei beneficiari del 5 per mille sono poco più di 7mila (dati 2017, anno d’imposta 2015).

Del resto – come si legge nella relazione illustrativa – la logica in cui si muove il Ddl di Bilancio è liberare la crescita del settore sportivo dilettantistico. Utilizzando, cioè, la forma d’impresa per sbloccare investimenti, migliorare le condizioni di lavoro degli addetti e far lievitare il gettito per l’Erario. La Relazione tecnica, infatti, stima in appena 2,4 milioni di euro la perdita di gettito a regime per il taglio dell’Ires, proprio perché l’aliquota dimezzata dovrebbe applicarsi per lo più su utili mai dichiarati prima.

Detto diversamente, l’idea è anche quella di far emergere profitti che già ci sono, oltre a favorirne la creazione di nuovi. Di fatto, una delle più frequenti contestazioni delle Entrate alle società non lucrative è proprio l’avvenuta distribuzione di utili “sotto traccia”. Si pensi al caso in cui un associato conceda in locazione all’associazione di cui fa parte un capannone utilizzato per l’attività sportiva. Se il canone risulta sovrastimato rispetto all’offerta del mercato, il Fisco contesterà l’ipotesi di distribuzione di utili. Cosa che non accadrà se – come chiede il Ddl – la dicitura «società sportiva dilettantistica lucrativa» sarà inserita nella denominazione o ragione sociale.

L’altro vantaggio è l’Ires dimezzata, a patto che la società sia riconosciuta a fini sportivi, cioè iscritta nel registro gestito dal Coni. Il Ddl menziona la sola Ires, perciò non dovrebbero esserci sconti Irpef per i soci di Snc e Sas sportive dilettantistiche (ammesso che sia possibile costituirle, anche se il Ddl indica le forme societarie del titolo V, libro V, del Codice civile). Comunque, lo sconto Ires si applicherà nel rispetto e nei limiti del regolamento Ue 1407/2013 (entro un massimale de minimis).

Sempre secondo l’Istat, la stragrande maggioranza delle realtà non profit sportive opera come associazioni non riconosciute (il 73%) o riconosciute (il 23%), mentre le altre formule – dalle fondazioni alle cooperative – si dividono le briciole. Se la norma funzionerà, è verosimile aspettarsi una lenta migrazione verso le forme delle società di capitali.

Oltre agli aspetti formali (la dicitura nella denominazione e l’indicazione dello svolgimento e dell’organizzazione di attività sportive dilettantistiche nell’oggetto sociale), le nuove società devono rispettare altri due vincoli:

- il divieto per gli amministratori di ricoprire la stessa carica in altre società sportive affiliate alla stessa federazione sportiva, o rientranti nella stessa disciplina;

- l’obbligo di prevedere nelle strutture sportive aperte al pubblico su pagamento la presenza di un direttore tecnico con un percorso di studi qualificato (diploma Isef, laurea in scienze motorie eccetera).

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