Imposte

Accise, requisiti restrittivi per i destinatari certificati

Lo schema di Dlgs richiede il titolo di deposito fiscale o di destinatario registrato

Con la rifusione della direttiva accise operato dalla direttiva 262/2020 e ora in procinto di essere recepita nell’ordinamento nazionale con lo schema di Dlgs approvato in esame preliminare dal Consiglio dei ministri del 29 luglio, nascono, al fianco delle vecchie figure del destinatario e speditore registrato, due nuove figure che hanno il compito di gestire, in modo semplificato e sicuro, il trasferimento da uno Stato membro all’altro dei prodotti soggetti ad accise.

Le due nuove figure del destinatario certificato e speditore certificato che saranno rispettivamente disciplinate dagli articoli 8-bis e 9-bis del Testo unico delle accise (Tua, ossia il Dlgs 504/95) potranno trasferire e ricevere tra Stati membri prodotto ad accisa assolta. Il senso è quello di aprire il mercato alla circolazione più snella dei beni, specialmente dei prodotti alcolici, in e-commerce e non, ampliando la platea di operatori logistici e venditori che possono spedire o ricevere prodotti, sfusi e non, sui quali l’imposta sia già stata pagata.

Nella traduzione italiana delle regole unionali la scelta operata è di richiedere una rigida procedura di autorizzazione e censimento di tali soggetti limitando oltre modo la possibilità di realizzare l’auspicata semplificazione.

In particolare, per i destinatari certificati l’articolo 8-bis del Tua ha previsto che il soggetto che intende così operare debba già avere la qualifica di deposito fiscale o di destinatario registrato. In questo modo la riforma riconduce tale figura unicamente ad una di queste due storiche già presenti, vanificando, di fatto, l’intento semplificatore della direttiva. A ciò si aggiungono altri oneri di tipo finanziario, contabile e logistico.

Infatti, il destinatario certificato deve individuare nell’ambito del proprio deposito l’area separata e distinta in cui intende ricevere e detenere ad accisa assolta i prodotti in questione. Inoltre, egli ha l’obbligo di:

• prestare, prima della spedizione dei prodotti da parte dello speditore certificato, una garanzia per il pagamento dell’imposta;

• introdurre nel deposito e iscrivere nella contabilità tutti i prodotti al momento della loro presa in consegna con e-Das;

• pagare l’accisa entro il giorno successivo a quello di arrivo dei beni;

• sottoporsi a qualsiasi controllo o accertamento.

Di fatto, è un destinatario registrato, ma se la norma unionale distingue tra destinatari registrati e destinatari certificati, significa che essa ha voluto l’esistenza di un doppio binario che l’Italia sembra non voler riconoscere. È chiaro che la decisione è ispirata ad esigenze di controllo e tutela erariale, ma è altresì dubbia per lo meno l’opportunità o l’utilità di siffatto approccio, in un sistema ove operano solo imprese a controllo pressoché quotidiano.

Nella logica di assistenza all’export, maggiore flessibilità è invece concessa agli speditori certificati (articolo 9-bis del Tua), che hanno ridotti rischi fiscali operando su beni ad imposta assolta. Per questi soggetti, la norma prevede solo una preventiva autorizzazione «in considerazione dell’attività economica svolta dal soggetto».

Gli stessi sono anche deputati a fornire al trasportatore il codice unico di riferimento amministrativo semplificato dell’e-Das per il quale loro stessi provvedono ad inserire i dati nel sistema informatizzato. un tema di particolare interesse per gli speditori certificati è il nuovo sistema dei rimborsi, per cui i prodotti già assoggettati ad accisa nel territorio dello Stato, l’accisa pagata è rimborsata, a condizione che si fornisca la prova del suo avvenuto pagamento e si dimostri che il destinatario certificato dello Stato di destinazione abbia ricevuto i beni e abbia versato l’accisa nel medesimo Stato membro

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