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Formazione, sull’accreditamento si gioca la partita dell’esenzione Iva

Il regime Iva di esenzione delle attività per le prestazioni didattiche e di formazione professionale è vincolato alla presenza di specifici requisiti oggettivi e soggettivi

L'accreditamento e la relativa iscrizione nell'apposito albo regionale di un organismo privato che svolge attività di formazione dovrebbero costituire elementi sufficienti, sul piano soggettivo, ai fini del «riconoscimento» fiscale necessario per fatturare in esenzione da Iva. Per espressa previsione normativa (articolo 10, comma 1, n. 20) Dpr 633/1972) il regime Iva di esenzione delle attività per le prestazioni didattiche e di formazione professionale è vincolato alla presenza di specifici requisiti oggettivi e soggettivi.

Il requisito del riconoscimento

Tralasciando il primo, esistono non pochi dubbi riconducibili, sul piano soggettivo, al requisito del riconoscimento. In particolare, focalizzando l'attenzione sugli organismi privati, seguendo la circolare 22/E/2008, occorre distinguere, in prima battuta, se operano nell’ambito delle materie di insegnamento scolastico di competenza del Miur ovvero se operanti nelle materie di competenza di soggetti pubblici diversi dall’amministrazione della Pubblica Istruzione.

Nel primo caso, il riconoscimento, anche per atto concludente, può essere fatto anche da soggetti pubblici diversi dal Miur attraverso «una preventiva valutazione rilevante come riconoscimento utile ai fini fiscali» (comprese le Direzioni regionali dell’agenzia delle Entrate competenti in ragione del domicilio fiscale).

Nel secondo caso, il riconoscimento è effettuato dai soggetti pubblici compenti per materia (Regioni, enti locali, etc.), con le modalità previste per le specifiche attività educative, didattiche e formative, tra cui, per esempio, l’iscrizione in appositi albi o attraverso l’istituto dell’accreditamento. Al riguardo, nessun problema sorge se il corso è finanziato da enti pubblici. Il finanziamento si presenta, infatti, come riconoscimento di fatto, per atto concludente, dell’attività formativa posta in essere.

Nel finanziamento della gestione e dello svolgimento del progetto educativo e didattico è insita l’attività di controllo e di vigilanza da parte dell’ente pubblico avente a oggetto i requisiti soggettivi e oggettivi dell’organismo che intende svolgere l’attività formativa. Quando, invece, l’attività formativa non beneficia di alcun tipo di finanziamento pubblico, l’orientamento dell’Amministrazione circa le formalità del riconoscimento sembra oscillare.

Citando la circolare 22/E/2008, per questi organismi, il riconoscimento ai fini fiscali continua a essere effettuato dai soggetti pubblici competenti per materia, tra cui le Regioni, gli Enti Locali etc., attraverso l’iscrizione in appositi albi o l’istituto dell’accreditamento.

Ebbene l’accreditamento dell’ente di formazione sembrerebbe essere la procedura necessaria, ma anche sufficiente, affinché lo stesso possa dirsi in possesso del requisito soggettivo del riconoscimento che gli permette di accedere al regime di esenzione da Iva.

Tale posizione troverebbe conferma in altri documenti di prassi, quali la risoluzione 53/E/2007, concernente le fattorie didattiche per le quali il requisito del riconoscimento viene soddisfatto con l’iscrizione nel relativo albo regionale e la risoluzione 308/E/2007 relativa agli enti che organizzano corsi di formazione per l’accesso alla professione di autotrasportatore riconosciuti attraverso l’autorizzazione rilasciata dal ministero dei Trasporti.

Da ultimo anche la risposta a interpello 85/E/2021 sembra diretta in tale direzione, ammettendo l’applicabilità dell’esenzione Iva per i corsi per estetisti svolti all’interno della Regione da una società di formazione professionale accreditata presso uno specifico albo.

In altri casi, tuttavia, l’orientamento delle Entrate si fa più restrittivo e richiede, oltre all’accreditamento dell’ente che fornisce il servizio di formazione, il riconoscimento specifico del singolo corso di formazione che l’organismo intende realizzare (in tal senso risoluzione 53/E/2007 e risoluzione 205/E/2002, le quali richiamano la circolare 150/1994; cfr. anche la risoluzione 308/E/2007 e, da ultima, la risposta a interpello 25/2022).

Sebbene, sul piano unionale il legislatore non specifichi le condizioni e le procedure per il riconoscimento dei prestatori di servizi ammessi all’esenzione dall’Iva – operando un rinvio agli ordinamenti nazionali – un aggravio eccessivo della procedura del riconoscimento significherebbe interpretare la norma sulle esenzioni in modo da privarne gli effetti.

Al riguardo, l’orientamento della Corte di giustizia va nel senso opposto: «i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva [ora articolo 132 Direttiva 2006/112/Ce] devono essere interpretati restrittivamente. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di Iva. Pertanto, questa regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui al detto articolo 13 debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti» (sentenza causa C-174/11).

Inoltre, il riconoscimento specifico del singolo corso svolto dall’ente di formazione accreditato oltre a costituire un aggravio non richiesto sul piano normativo, in alcuni casi non è neppure supportato da un’idonea procedura. Per esempio, se si entra nel dettaglio della legislazione della Regione Lombardia sull’istituto dell’accreditamento (legge regionale 19/2007), la stessa sembrerebbe carente di una disciplina ad hoc circa l’autorizzazione del singolo corso di formazione, non finanziato, tenuto dall’ente accreditato presso la Regione.

La normativa regionale richiamata, infatti, non sembrerebbe dare rilievo a tale aspetto, focalizzandosi piuttosto su altri requisiti essenziali ai fini dell’accreditamento (quali la forma giuridica, i requisiti finanziari, i requisiti di onorabilità e l’oggetto sociale). Per cui, sembrerebbe che, pur volendo ottemperare alla richiesta delle Entrate di ottenere il riconoscimento (mediante accreditamento) in riferimento a corsi specifici, in alcuni casi manchino gli strumenti operativi per farlo.

Diversamente la Regione Lazio prevede una specifica procedura per l’accreditamento soggettivo dell’ente e una richiesta di autorizzazione a svolgere i corsi di formazione non finanziati (da non confondersi con la formale procedura richiesta per i corsi finanziati per i quali l’accreditamento costituisce un titolo preliminare alla partecipazione ai singoli bandi di gara).

Distinzione tra corsi finanziati e non

In conclusione, ribadendo che il riconoscimento soggettivo, necessario ai fini dell’esenzione dall’Iva, sia sul piano unionale sia sul piano normativo interno non è mai collegato al riconoscimento del singolo corso, occorre fare una distinzione di fondo rispetto alle procedure adottate dagli enti che hanno specifica competenza in materia di formazione tra corsi finanziati dallo stesso ente che accredita soggettivamente il soggetto che eroga la formazione e corsi non finanziati.

Mentre per i primi (corsi finanziati) è chiara e dovuta la richiesta formulata dall’agenzia delle Entrate di collegare il riconoscimento al singolo corso finanziato – ciò in quanto l’esenzione è limitata all’attività didattica specificamente finanziata e non può riflettersi sulla complessiva attività svolta dal soggetto – nel secondo caso (corsi non finanziati) tale link, seguendo anche le procedure di alcune Regioni, non sarebbe necessario e addirittura potrebbe considerarsi incompatibile con l’ordinamento unionale, in quanto rende l’applicazione dell’esenzione eccessivamente restrittiva.

In effetti, dalla legislazione in materia di alcune regioni sembrerebbe emergere che l’accreditamento dell’ente sia un presupposto per ottenere il finanziamento del corso formativo, per cui, in sostanza, l’accreditamento costituirebbe il titolo di merito o di accesso al finanziamento; diversamente per i corsi non finanziati, per i quali l’accreditamento dovrebbe costituire di per sé elemento abilitante all’esenzione.

In definitiva, pur volendo ammettere che la richiesta dell’agenzia delle Entrate circa il riconoscimento del singolo corso abbia una sua legittimità, la stessa dovrebbe essere limitata ai corsi finanziati.

Se così non fosse, ovvero qualora dovesse ritenersi necessario sul piano fiscale il riconoscimento individuale del corso formativo oltre all’accreditamento dell’ente circa l’attività formativa e didattica complessivamente svolta – posizione che per chi scrive non è del tutto in linea con le regole normative unionali e nazionali – occorrerebbe quanto meno uniformare (in alcuni casi meglio esplicitare) le procedure da seguire al riguardo richieste dalle Pa le quali, ciascuna per il proprio ambito di competenza, hanno l’autorità di concedere il «riconoscimento fiscale» ai singoli enti/corsi formativi.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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