Controlli e liti

Fornitore in stato di liquidazione: il destinatario «non può non sapere»

La società era attiva ma i suoi beni erano stati conferiti in un trust liquidatorio: Per la Ctr Piemonte l’iscrizione nel Registro prova la conoscibilità

di Alessandro Borgoglio

Se le fatture si riferiscono a operazioni intervenute in epoca successiva alla messa in liquidazione della società emittente è inequivocabilmente dimostrata l’inesistenza soggettiva delle operazioni sottostanti a quei documenti fiscali. Sotto il profilo soggettivo, poi, l’avvenuta iscrizione nel Registro delle imprese della messa in liquidazione della società emittente rende evidente l’agevole conoscibilità, con una diligenza minima da parte di un soggetto imprenditoriale organizzato, della giuridica impossibilità per la società emittente di eseguire le prestazioni fatturate, in particolare quando il destinatario delle fatture è sicuramente a conoscenza delle difficoltà economico-finanziarie della società in questione. Non rileva, inoltre, che il destinatario non sia a conoscenza dell’esistenza di un trust liquidatorio in cui siano confluite tempo prima le attività della società emittente. Sono queste le conclusioni a cui perviene la Ctr del Piemonte, con la sentenza 595/2/2021 (presidente e relatore Pisanu).

Il coinvolgimento nella frode

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’ufficio che contesta alcune fatture per a operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare sia l’oggettiva fittizietà del fornitore sia la consapevolezza del destinatario, dimostrando - anche in via presuntiva, in base a elementi oggettivi e specifici - che era a conoscenza della sostanziale inesistenza del contraente, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta.

Se l’ufficio assolve a questo onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cassazione 18356/2021, 13593/2021, 9790/2021, 3083/2021).

In genere in questi casi il Fisco, a cui spetta la prima mossa, punta a dimostrare l’inesistenza soggettiva di chi emette la fattura adducendo l’assenza di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della prestazione fatturata (Cassazione 733/2021, 11621/2021).

Il conferimento nel trust

La peculiarità del caso in esame sta nel fatto che qui, invece, la società emittente aveva la dotazione personale e strumentale necessaria, ma non al tempo in cui avrebbe eseguito le operazioni fatturate, dal momento che circa un anno prima era stata posta in liquidazione e tutti i beni e le attività, come risulta incontestato dagli atti processuali, erano stati conferiti in un trust liquidatorio.

Tale elemento, quindi, era certamente sufficiente a dimostrare la fittizietà del fornitore, conoscibile dal destinatario delle fatture - secondo il collegio di merito - in forza dell’iscrizione nel Registro delle imprese dello stato di messa in liquidazione di tale fornitore. Da qui la conferma del recupero dell’Iva indebitamente detratta su dette fatture false.

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