Imposte

Fondi alternativi sotto la lente dell’Ocse

di Fabio Brunelli

Il 3 febbraio si è chiusa la consultazione Ocse sul documento «Beps Action 6, discussion draft on non-Civ examples», con il quale si forniscono indicazioni esemplificative sui requisiti che consentirebbero alle strutture di investimento dei fondi alternativi (private equity, real estate, cartolarizzazione) di superare il principal purpose test (clausola anti-abuso) prevista nell’articolo 7 (prevention of treaty abuse) dello strumento multilaterale (Mli) di implementazione del progetto Beps. In particolare l’esempio 1 del documento assume un particolare interesse comparativo con riferimento ai chiarimenti forniti dalla circolare 6/E/2016 in tema di (non) riconoscimento dei benefici convenzionali alle società holding intermedie utilizzate dai fondi internazionali per effettuare investimenti in Italia. Per le Entrate tali entità intermedie per poter beneficiare dei Trattati (tra l’altro) non devono risultare caratterizzate da una «struttura organizzativa leggera», che non abbia effettiva attività e reale consistenza e sia priva di autonomia decisionale (ad esempio mera ratificatrice ed esecutrice del piano di gestione dell’investimento).

Ai fini della prova di non abusività della entità intermedia l’esempio 1 del documento in consultazione fornisce dei riferimenti più specifici e calati nella prassi operativa dei fondi. Ad esempio si motiva la presenza della holding intermedia come piattaforma “regionale” (ad esempio l’Unione europea) dove vi sia disponibilità di directors con conoscenza delle prassi commerciali e legali, una valuta comune, una rete di Trattati. In particolare è richiesta la presenza di un team che “riveda” le raccomandazioni di investimento del fondo, approvi e monitori l’investimento, svolga funzioni di tesoreria, tenuta di registri e contabilità, compliance fiscale e regolamentare. Il board è nominato dal fondo ed è composto da una maggioranza di residenti nello Stato della holding con esperienza nella gestione di investimenti, oltre che da membri appartenenti al team di gestione del fondo.

Al riguardo va osservato come l’Ocse dia riconoscimento al fatto che le scelte di investimento vengono necessariamente fatte dal fondo (dal suo gestore) e non dalla holding che poi le esegue materialmente. La holding si limita a rivedere la raccomandazione di investimento del fondo, nel senso che ne deve riscontrare la coerenza con le politiche di investimento del fondo medesimo e fare una valutazione consapevole al riguardo tenuto conto delle condizioni contrattuali, del business plan eccetera. La decisione di effettuare l’investimento è dunque l’esito di questa verifica e comporta comunque l’assunzione di una responsabilità del board che la fa propria. L’attività della entità intermedia è per il resto identificata in quella tipica di una holding, quale il monitoraggio dell’investimento e lo svolgimento di funzioni di tesoreria.

Altro aspetto rilevante da osservare è che l’Ocse non fa riferimento alla consistenza “fisica” della holding (locali, attrezzature) quali requisito di non abusività. E a conferma della rilevanza degli elementi “soft” che motivano la presenza della entità intermedia il documento in consultazione, nell’esempio 3, riconosce «a number of commercial and legal reasons» quali la protezione del fondo da potenziali passività ed azioni esecutive (segregazione del rischio), la più facile assunzione di finanziamenti, la effettuazione, gestione e dismissione degli investimenti.

Ulteriore elemento qualificante, indicato negli esempi 1 e 3, consiste nella natura di soggetto vigilato rivestita dal fondo, che insieme alle caratteristiche della holding intermedia contribuisce a riconoscere una quadro di non abusività (genuinità) della struttura di investimento.

Il documento in consultazione, infine, non si occupa della applicazione ai fondi della limitation on benefit (Lob) di cui al medesimo articolo 7 del Mli, tuttavia sarebbe opportuno che nella versione finale degli esempi fosse valorizzato anche il concetto di equivalent beneficiary come ulteriore elemento che possa supportare la non abusività della struttura. Laddove infatti la maggioranza degli investitori in un fondo vigilato, se investisse direttamente nel sottostante, otterrebbe un trattamento fiscale non deteriore rispetto alla holding, verrebbe meno il potenziale vantaggio e quindi il rischio di abuso.

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