Controlli e liti

Il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità della sentenza: ricorre l’errore materiale

La decisione della Ctr Campania

di Emanuele Mugnaini

In caso di conflitto tra dispositivo – P.Q.M. – e motivazione della sentenza va ritenuta prevalente la parte che consente di comprendere l’iter logico della decisione giudiziale assunta. Così si espressa la Ctr della Campania con la sentenza 1630/20/2022 (presidente D'Emmanuele, relatore Napolitano).

Un contribuente veniva raggiunto da una cartella esattoriale relativa al versamento di somme riferite ad un avviso di accertamento per l’anno 2005. Questi proponeva ricorso eccependo che l’atto in questione era stato a suo tempo annullato in altro e separato giudizio divenuto definitivo. In quest’ultimo, tuttavia, il giudice di secondo grado si era espresso in motivazione accogliendo l’appello, mentre nel dispositivo lo rigettava. Evidenziava il contribuente che, tuttavia, nella parte motiva della sentenza emergeva l’iter logico che evidenziava come i giudici si fossero risolti per l’accoglimento delle doglianze proposte del contribuente.

Il ricorso avverso la cartella veniva accolto in primo grado e l’Amministrazione proponeva appello. In esso l’ufficio, oltre a sostenere che, all’opposto, nella sentenza posta a base della pretesa esattoriale i giudici si erano risolti per l’accoglimento dell’appello erariale, evidenziava inoltre come l’istanza di correzione della pronuncia, presentata dal contribuente, fosse stata rigettata.

I giudici partenopei, nel respingere il gravame, hanno fatto riferimento al consolidato orientamento di legittimità secondo cui il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza si verifica solo se incide sulla idoneità del provvedimento, complessivamente inteso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale.

Se infatti la sentenza, considerata nel suo complesso, consente di comprende il dictum giudiziale ci si trova, tutt’al più, al cospetto di un vizio formale suscettibile di correzione ai sensi degli articoli 287 e 288 del codice di procedura civile (Cassazione 13210/2018), norme applicabili anche al rito tributario stante il rimando contenuto all’articolo 1, comma 2 del Dlgs 546/92. Tale rimedio, da esperire nei confronti dello stesso collegio che ha emesso la sentenza, si rivela di conveniente utilizzo soprattutto nel caso in cui il contribuente, complessivamente soddisfatto dalla pronuncia, non intenda proseguire nel successivo grado di giudizio.

Questo perché l’istituto della correzione, non avendo l’effetto di sostituire la pronuncia ma solo di rettificarla nella parte affetta da errore, non sospende i termini di impugnazione, spirati i quali la sentenza passa in giudicato con tutte le conseguenze del caso. Ad ogni modo, quando la sentenza è affetta da contrasto tra motivi e dispositivo va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione della decisione assunta (Cassazione 6403/2021).

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