Diritto

Il sistema di gestione della sicurezza non evita la responsabilità

di Sandro Guerra

La conformità del sistema di gestione della sicurezza prevista dall’articolo 30, comma 3, del Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (Dlgs 81/2008) non è sufficiente ad escludere la responsabilità dell’ente per gli illeciti previsti dal Dlgs 231/2001.

Lo ribadisce la quarta sezione penale della Cassazione (sentenza n. 45131 del 28 novembre) che ha ritenuto irrilevante la presenza, al momento dell’infortunio sul lavoro, di un sistema di gestione della sicurezza caratterizzato dall’individuazione dei soggetti preposti a tale scopo.

Per i giudici di Piazza Cavour, infatti, l’istituzione di determinate figure professionali (responsabile del servizio di prevenzione e protezione, medico competente, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) è prevista obbligatoriamente dal Testo unico e gli istituti cui esse sono preposte (servizio di prevenzione e protezione e sorveglianza sanitaria) assolvono alla funzione di prevenire gli infortuni, mentre il modello organizzativo risponde alla necessità di mappare le aree di rischio e di predisporre un sistema di controlli diretti ad assicurare l’adempimento degli obblighi giuridici in materia di sicurezza sul lavoro, e quindi al contenimento del rischio di commissione di reati in violazione della normativa antinfortunistica.

Né, peraltro, la mappatura dei rischi (presupposto del modello organizzativo di cui all’articolo 30 del Dlgs 81/2008 che a sua volta richiama l’articolo 6 del Dlgs 231/2001) potrebbe farsi coincidere con la valutazione dei rischi contenuta nel documento di valutazione dei rischi (Dvr), essendo diversa la platea dei destinatari: il Dvr è diretto ai lavoratori per informarli sui rischi. Il modello di organizzazione e di gestione si rivolge, invece, anche a coloro che, all’interno dell’impresa, sono esposti al rischio di commettere reati colposi, sollecitandoli al rispetto degli obblighi anche attraverso la previsione di un sistema di vigilanza sull’attuazione delle prescrizioni, che culmina nella previsione di sanzioni disciplinari in caso di inottemperanza.

Che un sistema di gestione non possa essere considerato tout court equivalente al modello organizzativo è principio già affermato in passato dalla giurisprudenza (Cassazione, 41768/2017) e ribadito dalle stesse Linee guida emanate da Confindustria nel giugno 2021. Ciò non toglie, tuttavia, che il modello debba dialogare con i sistemi di gestione, che in esso devono essere integrati: lo si desume dall’articolo 30, comma 5, del Dlgs 81/2008, secondo cui i modelli definiti conformemente alle Linee guida Unu-Inail per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (Sgsl) del 28 settembre 2001 o al British Standard Ohsas 18001:2007 (oggi ISO 45001:2018) si presumono conformi ai requisiti previsti dalla norma per le parti corrispondenti.

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