Imposte

Bonus casa, tre rimedi per chi non perfeziona la cessione entro il 29 aprile

Oltre ai tempi supplementari del 15 ottobre, resta la possibilità di cedere le rate residue o di usare direttamente la detrazione, distribuendola tra i diversi aventi diritto

di Cristiano Dell'Oste

Superata la scadenza del 29 aprile, quali possibilità rimangono a chi non è riuscito a cedere il superbonus o i bonus casa per le spese del 2021? I continui cambi normativi e la progressiva chiusura degli acquisti da parte delle banche rendono il rischio di essere tagliati fuori dal mercato tutt’altro che teorico.
Le chance non sono molte, ma vale la pena di riepilogarle.

I tempi supplementari al 15 ottobre

Prima di tutto, bisogna verificare se “davvero” il discorso si è chiuso il 29 aprile. La legge di conversione del decreto Bollette (Dl 17/2022) sposta al prossimo 15 ottobre il termine entro cui possono comunicare la cessione del credito o lo sconto in fattura due categorie di soggetti: i titolari di partita Iva e i soggetti Ires tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre.

Manca ancora qualsiasi tipo di istruzione, ma ci si è già chiesti se la proroga valga anche per chi, pur rientrando in queste due categorie, non è tenuto a presentare Redditi entro fine novembre. E, soprattutto, se possa beneficiare del maggior termine anche il titolare di partita Iva che ha eseguito lavori su un immobile posseduto nella sfera privata (si pensi all’imprenditore individuale che ha ristrutturato la propria casa). È stato suggerito di non fare troppo affidamento su una lettura estensiva (si veda l’articolo «Bonus edilizi, corsa entro venerdì 29 aprile per cedere i crediti maturati nel 2021»); tuttavia, chi non riesce centrare la scadenza del 29 aprile e ha una partita Iva può sperare di essere “rimesso in termini” anche per gli immobili privati.

L’uso diretto del bonus

Chi non perfeziona in tempo la cessione, dovrà per forza usare nella dichiarazione dei redditi che si presenta quest’anno la prima rata di detrazione riferita alle spese sostenute nel 2021.

Al di là dei problemi di liquidità in cui potrebbe incappare chi pensava di finanziare i lavori con la cessione del bonus, l’incapienza fiscale è un pericolo concreto, soprattutto nel caso del superbonus (spese ingenti, detrazione del 110% e recuperabile in cinque anni). Con una spesa di 60mila euro, ad esempio, la rata annua del superbonus è di 13.200 euro, che per una persona fisica richiede un reddito minimo di 45mila euro per non essere sprecato; e la cifra si alza molto considerando le detrazioni per lavoro dipendente e altri bonus fiscali.

A rischio anche il sismabonus ordinario (sempre recuperabile in cinque anni) e il bonus facciate (riparto in dieci anni, ma detrazione del 90%). Tendenzialmente meno pericolose, invece, le spese agevolate dagli altri bonus (50%, ecobonus del 50-65%, recuperabili in dieci anni).

Quando ci sono più soggetti aventi diritto alle detrazioni – ad esempio, i coniugi comproprietari dell’immobile – la prassi delle Entrate offre una parziale contromisura. Anche se le fatture i e bonifici sono intestati a uno solo dei due, si può dividere la detrazione tra entrambi «in base all’onere effettivamente sostenuto indicandolo in fattura» (circolare 7/E/2021, pag. 308). È una scelta che va fatta fin dalla prima rata di detrazione, nella speranza di riuscire così ad attenuare l’incapienza, e va mantenuta nelle annualità successive. Naturalmente, non è un rimedio sempre praticabile.

La situazione è critica in particolare per i contribuenti nel regime forfettario, per i quali _ in assenza di redditi soggetti a Irpef – potrebbe essere impossibile sfruttare la rata. Lo stesso vale per chi ha per lo più redditi soggetti alla cedolare secca, anche se in questo caso si potrebbe valutare la revoca dell’opzione per le annualità successive.

La cessione delle rate residue

Chi è incapiente o ha bisogno di liquidità deve valutare la possibilità di cedere le rate residue di detrazione. Per le spese sostenute nel 2021 vale il termine a regime del 16 marzo 2023, ma nulla vieta di anticipare la cessione al primo momento utile, non appena si trova un acquirente disposto a rilevare il credito d’imposta.

Se dovesse perdurare la chiusura del mercato bancario, i privati che sono rimasti in possesso della detrazione potranno valutare di trasferirla ad altri soggetti “non bancari”, come parenti, conoscenti, imprenditori e così via. In tutte queste ipotesi, però, chi rileva il credito d’imposta potrà usarlo solo in compensazione nel modello F24 con le regole ordinarie di un qualsiasi cessionario; ad esempio, le rate residue per le spese sostenute nel 2021 saranno utilizzabili in F24 dal 1° gennaio 2023.

La cessione delle rate residue necessita comunque dell’asseverazione di congruità della spesa e del visto di conformità, secondo le regole previste dal Dl Antifrodi (articolo 121, comma 1-ter, del Dl 34/2020).

Potrà capitare, ad esempio, di aver sostenuto spese di ristrutturazione agevolate al 50% a giugno del 2021 – prima della stretta antifrodi – e di cedere le rate dalla seconda alla decima: se questa cessione avviene, poniamo, a giugno del 2022, dovrà essere accompagnata da visto e asseverazione, a meno che non si possa invocare la franchigia per i piccoli interventi (attività edilizia libera o lavori di importo non superiore a 10mila euro). I criteri per l’asseverazione, però, saranno quelli riferiti al momento di avvio dei lavori. Perciò, per restare al nostro esempio, si dovrà fare riferimento alla situazione precedente al Dm Mite 14 febbraio 2022 (e si seguirà l’articolo 119, comma 13-bis, del Dl 34/2020, che vuol dire essenzialmente fare riferimento ai prezzari regionali o i prezzari Dei oppure, nel caso le voci non fossero presenti nel prezzario, all’allegato I al Dm Requisiti 6 agosto 2020).

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