Imposte

Assemblee, le presunzioni di legge guidano l’attribuzione dei dividendi

L’avvicinarsi della fine del regime transitorio impone scelte oculate. L’Agenzia pone un vincolo: a tutti i soci va distribuito lo stesso «strato» di utili

di Giorgio Gavelli e Fabio Giommoni

Si avvicina la fine del periodo transitorio di tassazione dei dividendi percepiti da persone fisiche che hanno partecipazioni «qualificate». Diventano così attuali le tematiche sull’operatività delle due presunzioni di legge sulla distribuzione degli utili delle società di capitali.

1 La prima di queste presunzioni, sfavorevole al contribuente, è quella dell’articolo 47, comma 1, Tuir, il quale prevede che – indipendentemente dalla delibera assembleare – si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve di utili (escluso quelle vincolate o in sospensione d’imposta), rispetto alle riserve di capitale. In sostanza, ai fini fiscali si considerano in ogni caso distribuiti prima gli utili, tassati in capo ai soci come dividendi, rispetto alle riserve di capitale, che non sono ordinariamente tassate perché si tratta di restituzione di apporti, pur riducendo il costo fiscale della partecipazione (articolo 47, comma 5, Tuir), il che può determinare l’imponibilità del cosiddetto “sottozero”.

2 L’altra presunzione, in linea di principio più «favorevole» al contribuente, è prevista dall’articolo 1, comma 4, del decreto 26 maggio 2017, secondo cui – agli effetti della tassazione del soggetto partecipante – i dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati con utili prodotti dalla società fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007, poi con gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016 e, infine, con gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017. In altre parole, si considerano distribuiti gli utili più «vecchi», cioè quelli che, tenuto conto dell’evoluzione della tassazione dei dividendi per i soci qualificati (a sua volta in relazione all’evoluzione dell’aliquota Ires), concorrono in misura minore alla formazione del reddito Irpef del socio.

In realtà, come recentemente chiarito dall’interpello 163/2022, l’obiettivo della norma non è favorire il contribuente ma assicurare l’invarianza di tassazione dei dividendi, i quali devono essere tassati (fino all’esaurirsi della disciplina transitoria) secondo le medesime modalità che sarebbero state applicate qualora gli utili fossero stati distribuiti con l’approvazione del bilancio a cui si riferiscono e non, invece, accantonati a riserva.

Tutto ciò ha importanti conseguenze. In primo luogo, come confermato dall’interpello, la presunzione opera indistintamente per tutti i soci, qualunque sia la natura della partecipazione (qualificata o non qualificata) e del percettore degli utili; ciò anche nei casi in cui l’applicazione della disposizione risulti ininfluente sul trattamento impositivo dei dividendi perché si è in presenza di soci non qualificati o di soci diversi dalle persone fisiche non in regime d’impresa. Le Entrate evidenziano che né nel decreto 26 maggio 2017, né nella relazione di accompagnamento vi sono riferimenti che autorizzano a considerare tale disciplina applicabile alle sole partecipazioni qualificate.

Ad esempio, non è possibile, nell’ambito della medesima delibera, distribuire ai soci qualificati gli utili ante 2007 (che partecipano in misura minore alla formazione del reddito) e a quelli non qualificati gli utili post 2016 (tassati comunque con la ritenuta del 26%, trattandosi di non qualificati), ma a tutti i soci – comprese, ad esempio, le società di capitali o i soci non residenti – dovrà considerarsi distribuito il medesimo “strato” di utili.

Inoltre, per l’Agenzia la presunzione di prioritaria distribuzione degli utili pare «assoluta», perché «opera indipendentemente da quanto indicato nella delibera di distribuzione degli utili».

Di conseguenza, la norma non sembrerebbe derogabile. E la società non potrebbe quindi decidere, ad esempio, di distribuire gli utili post 2017 (che scontano la ritenuta al 26% sia per i soci qualificati che non qualificati), prioritariamente rispetto a quelli pregressi.

La distribuzione degli utili post 2017 potrebbe, infatti, rendersi conveniente nei casi in cui il dividendo rappresenta l’unico reddito imponibile del socio qualificato e, dunque, consente di evitare la presentazione della dichiarazione.

IL QUADRO
Per saperne di piùRiproduzione riservata ©