Imposte

Nessun vincolo alle prove del trasporto di merci all’estero

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

La prova che le merci trasportate da un soggetto passivo, il quale presta servizi di trasporto su strada verso una destinazione fuori del territorio Ue, siano state in effetti esportate non può consistere nella produzione di documenti specifici. Le prove vanno valutate dalle autorità competenti in relazione ai singoli casi. Tuttavia, sono idonee a dimostrare che le merci siano fisicamente uscite dal territorio dell'Unione e, di conseguenza, che i servizi di trasporto prestati sono direttamente connessi all'esportazione delle merci, i riferimenti ai carnet Tir come descritti nella convenzione Tir.

Le conclusioni dell'avvocato generale Eleanor Sharpston relative alla causa C-495/17 di ieri sono l'occasione per nuove considerazioni su quali documenti garantiscono gli operatori che effettuano scambi con l'estero contro la contestazione – tra l'altro frequente – degli uffici circa la mancata dimostrazione che la merce sia stata effettivamente esportata, contestazione che ha la ben nota conseguenza del venir meno dell'esenzione Iva. In questi termini sembrerebbe aumentare la distanza rispetto alla nostra giurisprudenza (Cassazione, ordinanza 9717/2018). Se la linea interpretativa dell'avvocato generale venisse recepita in pieno dalla Corte di Giustizia, anche i nostri giudici sarebbero costretti a modificare la loro visione restrittiva.

Più nello specifico, nel caso portato all'attenzione della Corte di Lussemburgo, ci si è interrogati se la legislazione o la prassi di uno Stato membro Ue possa richiedere documenti specifici per provare l'esportazione, nel caso in cui un soggetto passivo chieda l'esenzione dall'Iva per il fatto che ha prestato servizi connessi al trasporto di tali merci fuori dal territorio unionale, o se i carnet Tir costituiscono già tale prova. Il percorso logico dell'avvocato, che ha portato a concludere sulla illegittimità di una legislazione nazionale che pone siffatti limiti alle esenzioni di cui all'articolo 146, par. 1, lettera e) della direttiva Iva, non poteva non passare per la valutazione del principio della certezza del diritto e di proporzionalità, nonché della neutralità dell'Iva. Se il primo suggerisce che gli obblighi in tema di prove dovrebbero essere disciplinati da condizioni espressamente previste dal diritto nazionale, il secondo richiede che le norme interne non debbano eccedere il necessario per tutelare l'Erario. Di conseguenza, se sono rispettate le condizioni sostanziali di un'esenzione, le stesse non possono essere sostituite da semplici requisiti formali. Se così non fosse, ne sarebbe leso il principio di neutralità, il quale – come noto – può essere compresso solo il caso di frode o nel caso in cui il mancato rispetto delle formalità prescritte possa pregiudicare la possibilità di verificare il rispetto di alcuni requisiti sostanziali. Quanto alla puntualizzazione sul carnet Tir, anche se tale documentazione non può essere equiparata ad una dichiarazione doganale di uscita, qualora la dimostrazione verta, come nel caso di specie, sul fatto che i servizi di trasporto prestati siano direttamente connessi all'esportazione delle merci, lo stesso può essere considerato ragionevolmente un valido elemento probatorio, soprattutto in mancanza della prova contraria dei verificatori che le merci non siano state in effetti esportate.

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