Imposte

Gestione giochi online con regole Iva differenziate

Decisivo il grado di coinvolgimento umano nell’esecuzione

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

Attività di gestione di giochi online soggetta a Iva con regole differenti a seconda del grado di coinvolgimento umano nell’esecuzione della stessa.

Sono sempre più numerosi i casi sui quali si chiede il parere delle Entrate che riguardano il mondo virtuale. Questa volta, a proporre interpello è una società che gestisce una piattaforma virtuale che offre agli utenti competizioni e-gaming, previo pagamento di una quota di iscrizione versata in betacoin. In concreto l’istante svolge una attività di match-making, la quale si sostanzia nel predisporre un luogo virtuale di incontro tra e-sportivi nel quale gli stessi possono aspirare a vincere montepremi in betacoin. Sul piano fiscale, ci sono dei dubbi sulla corretta qualificazione dei proventi derivanti dallo svolgimento di tale attività.

Con la risposta a interpello 582/2022, l’Agenzia fornisce, almeno in parte, i richiesti chiarimenti. Innanzitutto, secondo le Entrate, la cessione di betacoin agli utenti non rileva come cessione di voucher, in quanto non incorporano l’obbligo di essere accettati come corrispettivo per una particolare cessione di beni o di servizi. Piuttosto essi rappresentano un mezzo di pagamento in quanto il committente può partecipare al gioco solo se versa in betacoin la relativa quota di iscrizione e, pertanto, non sono soggetti a Iva.

Assume rilevanza, invece, la fee che spetta alla società all’atto di iscrizione al torneo da parte del singolo player, a titolo di remunerazione per il servizio di match-making da essa svolta.

Al riguardo, però, le Entrate non sono in grado di indicare il trattamento fiscale corretto non essendo in possesso di elementi sufficienti per qualificare la suddetta attività quale servizio elettronico o meno. Diverse, infatti, sarebbero le implicazioni in termini di territorialità dell’Iva e degli adempimenti fiscali. Brevemente, se il servizio fosse ascrivibile ai servizi elettronici, l’Iva sarebbe dovuta: in Italia con aliquota al 22%, se resi nei confronti di e-players italiani; nel Paese del consumatore finale (Ue) e potrebbe essere assolta in regime Oss, appunto nell’ipotesi di servizio reso nei confronti di un destinatario Ue. Mentre, nell’ipotesi in cui il consumatore finale è un soggetto extraUe, si tratterebbe di un’operazione fuori campo Iva.

Qualora l’attività di match-making, invece, non fosse inquadrabile quale servizio elettronico, si tratterebbe di prestazione di servizio generica ai fini Iva, da assoggettare ad aliquota ordinaria in Italia.

Ebbene, sembrerebbe che il discrimine per qualificare i servizi resi attraverso internet (o altra rete elettronica) aventi una natura «automatizzata» – non rientranti tra gli «elettronici» ope legis, in quanto previsti espressamente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento Ue 282/2011 - è il grado di intervento umano richiesto. Se rimane minimo, allora si rimane nella definizione di servizio elettronico (articolo 7, paragrafo 1, del regolamento in questione), altrimenti si ritorna alle regole dei servizi generici.

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