Controlli e liti

Danno esistenziale, il risarcimento resta escluso dalla tassazione

L’ordinanza 16512/2022 della Cassazione: somme non imponibili quando l’indennità ha la funzione di reintegrare un pregiudizio di natura diversa rispetto alla mancata percezione di redditi

di Elisa Manoni

L’ordinanza 16512/2022 della Cassazione ha avuto modo di affrontare, dal punto di vista fiscale, la tematica del danno esistenziale, escludendo la rilevanza reddituale e, quindi, la tassabilità delle somme percepite dal contribuente a titolo di risarcimento e dirette a reintegrare una perdita immediatamente verificatasi nel patrimonio giuridico dello stesso (nella specie, danno esistenziale per il disagio morale e l’alterazione della vita umana e professionale).

L’intreccio tra profili civilistici e fiscali

La tematica in oggetto è frutto della commistione di aspetti civilistici ed aspetti fiscali. Sul fronte civilistico, occorre ricordare come le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 26972/2008) abbiano ricondotto il danno esistenziale nella categoria del danno non patrimoniale e lo abbiano inteso quale pregiudizio che l’illecito provoca sul fare reddituale dell’individuo, tramite l’alterazione delle abitudini di vita e degli assetti relazionali che gli erano propri, lo sconvolgimento della quotidianità e la privazione di occasioni per l’espressione e la realizzazione della personalità nel mondo esterno (interesse tutelato dall’articolo 2 della Costituzione).

Il trattamento tributario

Posta, quindi, sul versante civilistico la natura non patrimoniale del pregiudizio esistenziale, pare opportuno svolgere alcune riflessioni anche in merito al trattamento fiscale che Tuir riconosce alle somme percepite a titolo di risarcimento del danno.

È bene anzitutto valutare se, ed in quale misura, possa qualificarsi come reddito ciò che viene corrisposto ad un soggetto a motivo della riparazione per un danno subito. Infatti, l’articolo 1 del Tuir considera quale presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, «il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6», vale a dire quell’«insieme di fatti o circostanze al cui verificarsi la legge ricollega la nascita dell’obbligazione tributaria».

Ne consegue, in virtù del combinato disposto dell’articolo 1 e dell’articolo 6 Tuir, che ciò che giustifica il prelievo fiscale è rappresentato esclusivamente dal possesso di una delle categorie di redditi indicate nella norma da ultimo citata, con la precisazione che non qualsiasi incremento pecuniario può essere assoggettato a tassazione, bensì solo quello che realizzi, nel patrimonio del soggetto percettore, un reale aumento della sua preesistente ricchezza.

Ebbene, l’articolo 6 Tuir, dopo aver individuato, al primo comma, le singole categorie reddituali tassativamente individuate dalla normativa tributaria, dispone espressamente, nella prima parte del suo secondo comma, che «i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti».

La norma in oggetto (articolo 6, comma 2, Tuir), laddove assurge a disposizione di chiusura fissando il cosiddetto «principio sostitutivo», esclude dalla tassazione fenomeni che, in primis, non presentano il requisito materiale del reddito, vale a dire l’incremento di ricchezza e, in secondo luogo, non sono riconducibili ad una categoria tra quelle indicate all’articolo 6, comma 1, Tuir.

I presupposti da valutare

In definitiva, al fine di appurare se un importo corrisposto quale risarcimento sia imponibile o meno, bisogna interrogarsi su cosa effettivamente viene risarcito. Se ad essere risarcito è un danno concretizzatosi nella perdita o nel mancato conseguimento di redditi («lucro cessante»), le somme corrisposte in conseguenza di tale evento lesivo andranno assoggettate a tassazione; in caso contrario, qualora, l’indennità abbia la funzione di reintegrare un pregiudizio di natura diversa rispetto alla mancata percezione di redditi («danno emergente»), la stessa andrà esente da tassazione (in tal senso, risoluzioni 32/E/2020, 106/E/2009, 356/E/2007 e 155/E/2002; in giurisprudenza, Cassazione, pronunce 5108/2019, 10972/2009, 30433/2008 e 12789/2003).

Quanto appena esposto è avvalorato dalla stessa implementazione del nostro sistema tributario, il quale considera il reddito quale accrescimento del patrimonio; il reddito si sostanzia, quindi, nell’acquisizione al patrimonio del reddituario di una ricchezza novella misurabile in denaro.

Ne discende, quindi, che se il danno emergente non è mai reddito perché in tale forma di reintegrazione patrimoniale difetta la ricchezza novella, verificandosi il mero rimpiazzo di una preesistente ricchezza distrutta o perduta, lo stesso si identifica con il danno non patrimoniale, categoria all’interno della quale va ricondotto il danno esistenziale, cioè con quell’evento che incide l’individuo nella sua dimensione primaria ed essenziale, nei valori indispensabili per la sua stessa libera e dignitosa esistenza; il danno non patrimoniale colpisce, quindi, l’agire areddituale del soggetto.

Il rilievo costituzionale dei valori individuali lesi ne implica, quindi, un risarcimento pieno e integrale che, in quanto tale, deve prescindere dalla capacità di produrre reddito del soggetto e non attribuisce ad esso un quid pluris fiscalmente rilevante.

Questo articolo è realizzato da uno degli autori del Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore.

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