Controlli e liti

Credito Iva compensabile anche senza dichiarazione, ma servono i documenti a supporto

La Ctr Lazio ricorda che il contribuente deve sempre esibire, sia all’ufficio sia in giudizio, la documentazione

di Emanuele Mugnaini

La dichiarazione costituisce lo strumento imprescindibile per l’esercizio del diritto alla compensazione del credito Iva. Tuttavia il contribuente che ne abbia omesso la presentazione può esibire, tanto all’ufficio come in giudizio, la documentazione idonea a comprovarne l’esistenza. Lo dice la Ctr Lazio con la sentenza 1866/16/2021, che conferma un orientamento consolidato.

Un contribuente indicava nella propria dichiarazione Iva un credito dell’anno precedente. L’agenzia delle Entrate iscriveva però a ruolo tale importo, poiché il dichiarativo da cui esso scaturiva non era stato presentato.

Il ricorso in primo grado veniva respinto, dato che il ricorrente si limitava genericamente ad affermare come l’omessa presentazione della dichiarazione non mettese in discussione l’esistenza del credito asseritamente maturato, essendo sufficiente il suo inserimento nella dichiarazione relativa all’anno successivo, senza bisogno di fornire alcuna documentazione a supporto. I giudici di secondo grado, nel confermare la sentenza, rilevavano che nemmeno in appello era stata prodotta alcuna documentazione. Ne seguiva la condanna alle spese in entrambi i gradi di giudizio.

La pronuncia della regionale poggia sull’orientamento delle Sezioni unite della Cassazione (17757/2016) secondo cui, in virtù del principio di neutralità che caratterizza l’Iva, pur mancando la dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta risultante dalle liquidazioni periodiche e dai regolari versamenti deve essere sempre riconosciuta dal giudice tributario, a patto però che il contribuente dia prova dell’esistenza dello stesso e di aver rispettato tutti i requisiti sostanziali per esercitare il diritto alla detrazione. Il medesimo principio, seppur con i dovuti adattamenti, risulta anche applicabile alle imposte sui redditi e all’Irap.

Fino all’emanazione della circolare 34/E/2012, il contribuente - in caso di ricevimento di una comunicazione di irregolarità riferita all’inserimento in dichiarazione o all’utilizzo in compensazione di un credito Iva derivante da una dichiarazione omessa - poteva, esibendo all’ufficio la relativa documentazione, vederne riconosciuta l’esistenza senza incorrere in sanzioni. In seguito, tuttavia, le Entrate, con il menzionato documento di prassi, ne hanno inizialmente negato il riporto in avanti, obbligando così il contribuente a proporre istanza di rimborso, per poi mutare nuovamente il proprio orientamento (circolare 21/E/2013) con il ripristino dell’utilizzabilità in compensazione, ferma restando la contestazione della sanzione proporzionale pari al 30% del credito indebitamente fruito, prevista dall’articolo 13 del Dlgs 471/97. Posizione, quest’ultima, recentemente ribadita con la risoluzione 82/E/2020.

L’orientamento dell’Agenzia sembra non tenere conto del fatto che, appurata l’esistenza del credito, la violazione esce dall’alveo di quelle riferite all’indebita compensazione o all’omesso versamento, per entrare nell’ambito delle omissioni dichiarative punite, rispettivamente, dall’articolo 1, quanto alle imposte dirette e all’Irap, e dall’articolo 5, ai fini Iva del Dlgs 471/97. Le due norme prevedono, in ossequio al principio di proporzionalità, l’applicazione della sanzione fissa di 250 euro in assenza di imposta a debito.

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