Imposte

L’esenzione Iva per la formazione non si estende ai corsi di nuoto

La Corte di giustizia Ue chiude all’agevolazioneper l’insegnamento di tipo specialistico

I corsi di nuoto non beneficiano dell’esenzione Iva prevista per la formazione. A dirlo è la Corte di giustizia, la quale, con la sentenza nella causa C-373/19 ha ristretto ulteriormente il perimetro del regime di esenzione Iva previsto dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera i) e j), della direttiva 2006/112/Ce per l’«insegnamento scolastico o universitario».

I giudici europei si erano già pronunciati su tale norma con la sentenza del marzo 2019, causa C-449/17. Nello specifico, in quella sede era stata esclusa dall’ambito di applicazione del regime Iva di favore l’insegnamento della guida automobilistica impartito dalle scuole guida.

La ragione dell’esclusione, ora come allora, è da ricercarsi nel fatto che un insegnamento specialistico – quale quello impartito da una scuola di nuoto, o di guida o di vela (sentenza C-47/19) – impartito ad hoc, non equivale, di per sé stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario. Solo un’attività che presenti tali caratteristiche, e non ogni tipologia di insegnamento specifico – sebbene ugualmente importante «per garantire la sicurezza e l’integrità fisica delle persone» – va considerata esente ai fini Iva.

Per adeguarsi all’orientamento della Corte di giustizia, più restrittivo rispetto alla norma nazionale, il legislatore italiano è già intervenuto una volta. L’articolo 32 del Dl 124/2019, con decorrenza dal 1° gennaio 2020, ha modificato, infatti, l’articolo 10, comma 1, n. 20) del Dpr 633/1972, escludendo dalle prestazioni didattiche non tassate sul piano Iva «l’insegnamento della guida automobilistica ai fini dell’ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1».

La modifica normativa, sebbene rispettosa del principio allora espresso a Lussemburgo, sembrerebbe non aver risolto il problema in via definitiva. La norma interna, in effetti, continua a presentare un ambito applicativo potenzialmente più ampio rispetto alla norma europea, in quanto le «prestazioni didattiche di ogni genere» possono includere insegnamenti specialistici non rientranti propriamente nella nozione di «insegnamento scolastico o universitario» come intesa dalla Corte di giustizia. Pertanto, sarebbe opportuno che il legislatore nazionale, qualora decidesse di adeguarsi all’interpretazione unionale, questa volta lo faccia in maniera meno semplicistica, modificando la norma in modo da renderla compatibile con il diritto Ue nel suo complesso, dunque non solo rispetto a casi specifici decisi dalla Corte, come è avvenuto per le patenti. Sarebbe impensabile che, ad ogni nuova pronuncia dei giudici europei sul tema, il legislatore modifichi la norma interna nel senso di escludere, nello specifico, un corso o un insegnamento specifico dal perimetro dell’esenzione.

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