Controlli e liti

L’inerenza dei costi si misura sull’attività d’impresa

La sentenza 972/2023 della Cassazione: non assume rilevanza la congruità o l’utilità del costo rispetto ai ricavi, bensì il solo giudizio di inerenza di carattere qualitativo e non quantitativo

di Luca Dal Prato

L'ordinanza 972/2023 della Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’agenzia delle Entrate avverso la deduzione di costi sostenuti da una società per la sponsorizzazione e pubblicità di un’associazione sportiva dilettantistica.

Nel caso di specie, gli avvisi di accertamento si fondavano sulle risposte fornite ad alcuni questionari, da cui emergevano fatture di acquisto ritenute non inerenti, in relazione alla mancata congruità e antieconomicità dei costi sostenuti.

Già la Ctr aveva rigettato l’appello dell’Ufficio, disponendo che l’inerenza era giustificata dall’acquisto di abbigliamento tecnico per ciclisti, dalla promozione pubblicitaria su riviste e dalla pubblicità su capi di abbigliamento, tutte attività finalizzate alla promozione della società attraverso la sponsorizzazione di una società sportiva dilettantistica nota nell’ambiente locale. Altresì, il giudice di appello aveva ritenuto che l’economicità dell’operazione rientrasse nell’esclusiva spettanza della società.

L’agenzia delle Entrate, non condividendo le motivazioni della Ctr, ha quindi proposto ricorso deducendo che l’inerenza deve essere rilevata in relazione ai beni dai quali derivino effettivi ricavi e che, la stessa, può essere predicata solo nel caso in cui tali costi siano effettivamente correlabili ai ricavi d’esercizio. Secondo l’Agenzia, infatti, i costi sostenuti dalla società sono parsi incongrui e non giustificabili – ovvero antieconomici – se rapportati all’esiguo incremento dei ricavi effettivamente intervenuto.

La Cassazione, nel confermare la sentenza della Ctr, ha invece ritenuto infondati questi motivi sostenendo che, in tema di reddito d’impresa, ai fini della deducibilità dei costi, il contribuente è tenuto a dimostrarne l’inerenza in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione non già ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta, escludendo pertanto dal novero dei costi deducibili solo quelli che si collocano in una sfera estranea all’attività imprenditoriale.

In conseguenza di questa impostazione, secondo i giudici di Cassazione, non assume rilevanza la congruità o l’utilità del costo rispetto ai ricavi, bensì il solo giudizio di inerenza di carattere qualitativo e, non, quantitativo.

Nel caso di specie, inoltre, il giudice d’appello aveva altresì ritenuto che i costi sostenuti rientrassero nell’attività d’impresa, considerato che le scelte relative al sostenimento dei costi sono di esclusiva spettanza dell’imprenditore, ovvero è esclusiva pertinenza della sfera imprenditoriale valutare se un determinato costo pubblicitario può apportare un significativo incremento del volume delle future vendite.

Per questo motivo, la Corte ha rigettato il ricorso, condannando l’agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali.

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