Imposte

Il 90% per le villette, prima prova del quoziente familiare

<span class="argomento"/>In attesa di chiarimenti solo chi percepisce redditi tradizionali (come i dipendenti) può fare i conti sulla soglia di 15mila euro. In bilico redditi di natura finanziaria e a tassazione separata

di Giorgio Gavelli

Prime simulazioni da parte dei contribuenti sul calcolo del limite reddituale che, in base al comma 8-bis1 dell’articolo 119 del decreto Rilancio 2020, costituisce uno dei requisiti fondamentali per poter accedere al superbonus, nella misura del 90%, per gli interventi pagati nel 2023 dalle persone fisiche fuori dai contesti condominiali e assimilati.

La disposizione, introdotta dall’articolo 9 del decreto Aiuti quater (Dl n. 176/2022), recentemente convertito in legge, individua un reddito di riferimento che è il risultato di una frazione, dove al denominatore va indicata «la somma dei redditi complessivi posseduti, nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa, dal contribuente, dal coniuge del contribuente, dal soggetto legato da unione civile o convivente se presente nel suo nucleo familiare» e dagli altri familiari di cui all’articolo 12 Tuir, presenti nel suo nucleo familiare e a carico nel 2022. Il denominatore, invece, è costituito dal numero di parti determinato dalla Tabella 1-bis allegata al decreto. La divisione non deve dare un risultato superiore a 15mila euro, un quoziente familiare che, come ci viene chiesto da un lettore di 24+, rimane fisso in tutte le situazioni.

Ma da cosa è costituito il “reddito complessivo”? L’articolo 8 del Tuir afferma che esso si determina «sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall’esercizio di arti e professioni». I modelli reddituali declinano questa grandezza attraverso vari passaggi: il rigo RN1 del modello Redditi contiene 5 colonne, l’ultima delle quali è il vero e proprio “reddito complessivo” ai fini Irpef, ma ciò non toglie che la colonna 1 di tale rigo riporti il «reddito di riferimento per agevolazioni fiscali», che forse è più vicino al concetto utilizzato dal legislatore al comma 8-bis1.

Esso comprende anche il reddito fondiario e i redditi diversi derivanti dalla locazione breve di immobili assoggettati alla cedolare secca e il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva, in applicazione del regime forfettario che, in base all’articolo 3, comma 7 del Dlgs n. 23/2011, devono essere aggiunti al reddito complessivo per determinare la condizione di familiare fiscalmente a carico, per calcolare le detrazioni d’imposta e, in generale, per stabilire la spettanza o la misura di benefici, fiscali e non, collegati al possesso di requisiti reddituali (nel 2023 figurerà qui presumibilmente anche il reddito assoggettato a flat tax incrementale).

Purtroppo questo rigo comprende anche la rendita dell’abitazione principale e relative pertinenze (non soggette a Imu), che viene poi neutralizzata ai fini Irpef da un’apposita deduzione al rigo successivo. Ma anche il “reddito di riferimento” è un concetto parziale. Esso non comprende, ad esempio, i redditi indicati al rigo RN50, in quanto l’Imu (o l’Ivie) sostituisce l’Irpef, ovvero si tratta di reddito dominicali ed agrari di coltivatori diretti e Iap temporaneamente esclusi dalla base imponibile Irpef. Così come non entrano nel reddito di riferimento i redditi a tassazione separata (come il Tfr) e le plusvalenze su partecipazioni e simili che “nascono e muoiono” a quadro RT. Senza dimenticare le tante tipologie reddituali che non entrano proprio nei modelli dichiarativi, come molti redditi di natura finanziaria, dai dividendi agli interessi sui titoli di Stato (tornati “di moda” con l’inflazione).

In attesa di sapere quale configurazione di reddito entrerà nella formula del superbonus, il ragionamento da fare è il seguente: chi ha tipologie di reddito “tradizionali” (ad esempio, esclusivamente da lavoro dipendente o da autonomo non forfettario), che partecipano ordinariamente all’imponibile Irpef, è già in grado di fare qualche simulazione (seppur con dati provvisori, mancando ancora le certificazioni uniche), altrimenti prendere delle decisioni sugli interventi da realizzare appare prematuro. Anche perché non si sa ancora nulla (se non la capienza del fondo pari a 20 milioni di euro) del contributo di cui al comma 3 dell’articolo 9 del decreto Aiuti-quater, che dovrebbe andare a ristorare questi soggetti a basso reddito per le spese non coperte dal superbonus al 90 per cento.

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