Controlli e liti

Ctr Lombardia, il deposito analogico del ricorso non è causa di inammissibilità

La Ctr Lombardia: l’interpretazione formalistica contrariaalla giurisprudenza Cedu

di Massimo Romeo

Il mancato rispetto della modalità telematica di notifica e deposito degli atti processuali non determina “tout court” l’inammissibilità del ricorso. La Ctr Lombardia, con la sentenza 4441 del 15 dicembre 2021(presidente e estensore Labruna) richiama la giurisprudenz a della Cedu secondo la quale va sempre bilanciata l’esigenza di certezza del diritto con il diritto del singolo a un giusto processo, come disposto dall’articolo 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, in base ad un ragionevole rapporto di proporzionalità tra mezzi utilizzati e scopo perseguito. Una interpretazione formale delle norme procedurali sarebbe contraria sia ai principi affermati dalla Cedu, sia all’articolo 111 della Costituzione.

Una società impugnava un avviso di rettifica delle Entrate per la liquidazione dell'imposta complementare di registro ed imposte accessorie conseguenti all’acquisto di un ramo d'azienda. L'Ufficio, nel costituirsi in giudizio, eccepiva, fra l'altro, l’inammissibilità del ricorso in quanto non notificato e depositato in via telematica, in violazione dell’articolo 16 bis del Dlgs 546/ 1992. I giudici della Ctr, come quelli di primo grado, decidono per il superamento dell'eccezione preliminare dell’Ufficio, che ha anche sottolineato, in appello, come la decisione della Ctp avesse violato anche quanto indicato nel sito web: www.giustiziatributaria.gov.it.

La Ctr osserva come il portale indicato dall'Ufficio è gestito dal dipartimento delle Finanze-Direzione giustizia tributaria, che è soggetto estraneo a ogni attività giurisdizionale o nomofilattica tributaria, atteso che è deputato solo ad approntare le risorse umane e materiali necessarie alle segreterie delle commissioni tributarie per assistere la magistratura tributaria.

La giurisprudenza Cedu

La Ctr invoca, poi, la consolidata giurisprudenza della Cedu (ex plurimis ricorso n. 17140/08 sentenza Bruxelles 24 aprile 2008 e ricorso n. 20485/06 sent. Strasburgo 16 giugno 2015) secondo la quale va sempre bilanciata l’esigenza di certezza del diritto con il diritto del singolo ad un giusto processo così come disposto dall’articolo 6 della stessa Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in base ad un ragionevole rapporto di proporzionalità tra mezzi utilizzati e scopo perseguito; una interpretazione estremamente formale delle norme procedurali sarebbe contraria ai principi affermati in più occasioni dalla Cedu (da ultimo Ricorsi n. 55064/11, 37781/13 e 26049/14 sentenza Strasburgo 28 ottobre 2021), principi che sono anche affermati dall’articoolo 111 della nostra Costituzione.

L’omessa indicazione della modalità telematica

Con riferimento, infine, all’assenza nell’atto impugnato di qualsiasi indicazione, pur se tassativamente prevista dallo Statuto dei diritti del contribuente, della rilevante novità procedurale inerente la modalità telematica per la notifica e il deposito degli atti processuali, la Ctr ricorda il pacifico orientamento di legittimità (ex plurimis: Cassazione 17020/2014, 25227/2013, 19675/2011, 20634/2008 e 14482/2003) secondo cui l’omessa, la incompleta o l'errata indicazione negli atti fiscali delle modalità di presentazione del ricorso, non producano la nullità dell’atto stesso perché tale conseguenza non è prevista dal legislatore, anche se l'affidamento sul suo contenuto, ancorché errato, per il destinatario dell’atto è stato apprezzato dalla giurisprudenza riconoscendogli la mancata decorrenza del termine per l’impugnazione.

I precedenti

Nella stessa direzione della sentenza commentata, la Ctp di Milano (sentenza 3718 del 30 settembre 2021) ha sottolineato l’irrilevanza della violazione in rito per avere comunque l’atto raggiunto il suo scopo (articolo 156 del Codice di procedura civile). «Nessuna norma, hanno affermato i giudici, sanziona tale irregolarità con l’inammissibilità». Anche la giurisprudenza di legittimità ha ricordato come la massima sanzione processuale, quale quella di inammissibilità, debba costituire l’extrema ratio:

• in un’ipotesi di notificazione di un controricorso a mezzo posta elettronica certificata in formato «.doc» anziché «pdf», la Cassazione (ordinanza 15984/2017) ha affermato che il formato dell’atto, difforme dalle specifiche tecniche, è indifferente se il destinatario è comunque posto in grado di conoscerlo e di difendersi (articolo 156 del Codice di procedura civile, libertà delle forme e raggiungimento dello scopo);

• con riferimento alla nullità «insanabile» essa sussiste solo laddove sia omessa la sottoscrizione digitale in caso di atto predisposto in forma di documento informatico (Cassazione 14338/2017 e Sezioni Unite 22438/2018). Così si esprimevano i supremi giudici: «l’atto introduttivo del giudizio redatto in formato elettronico e privo di firma digitale è nullo, poiché detta firma è equiparata dal Dlgs 82 del 2005 (Cad) alla sottoscrizione autografa, che costituisce, ai sensi dell’articolo 125 del Codice di procedura, requisito di validità dell’atto introduttivo (anche del processo di impugnazione) in formato analogico».

L’indirizzo contrario

Sul tema si riscontrano anche recenti pronunce di segno contrario in cui viene data dagli interpreti prevalenza al principio dell’obbligatorietà delle forme legali:

• la Ctp di Milano, nella sentenza n. 3658 del 24 settembre 2021, ha affermato che a violazione dell’articolo 16 bis, comma 3, del Dlgs 546/92 costituisce causa di inammissibilità, in quanto la modalità notificatoria cartacea, per effetto delle modifiche normative citate, difetta degli elementi caratteristici previsti dalla legge in tema di notificazione degli atti processuali tributari (conforme anche Ctp di Milano n. 3584/2021 che richiama Ctp di Parma n. 89/2020);

• la Ctp di Reggio Emilia (sentenza 209 del 28 luglio 2021) ha statuito che il legislatore ha, inequivocabilmente, sancito che il processo tributario, a far tempo dal 1 luglio 2019, si sviluppa solo in modalità telematica, rendendo, di fatto, «inesistente» il ricorso e tutti gli atti prodotti in cartaceo; prova ne sono l’uso ripetuto nella norma primaria dell’avverbio «esclusivamente» e la precisazione che, per poter svolgere il processo non in modalità telematica, è necessaria una specifica autorizzazione del Presidente della Commissione o della Sezione che può essere rilasciata solo in casi eccezionali.

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