Il CommentoImposte

Necessario dare più certezze per sostenere la crescita del Pil

di Gaetano De Vito

L’importante reazione delle nostre imprese durante questo difficilissimo periodo storico e la conseguente importante crescita del Pil cui stiamo assistendo deve impegnarci tutti a dare certezze e allontanare timori legati a un possibile rimbalzo.

Purtroppo, sotto il profilo del risparmio fiscale indirizzato alla crescita ritraibile dai crediti d’imposta su attività di ricerca e innovazione e la detassazione su investimenti trattati attraverso il regime del patent box, non siamo partiti bene. Si è infatti intervenuti, richiedendo in alcuni casi anche la loro restituzione, su capitali di sviluppo per la crescita di tutto il tessuto imprenditoriale italiano ottenuti da fiscalità di sviluppo e non da fiscalità «agevolata» tout court, che in periodi difficili può anche essere compressa.

Difatti i crediti d’imposta sulla ricerca, tardivamente rispetto al loro utilizzo, sono stati agganciati all’ormai famigerato e stringente Manuale di Frascati, dopo che molte aziende avevano pianificato e organizzato la propria attività di ricerca nel rispetto della normativa di riferimento di primo e secondo livello vigente nel periodo di attivazione di tali crediti. Escludendo chi ha usufruito di benefici in modo fraudolento non si può non osservare come molte aziende virtuose si siano trovate in grave difficoltà, anche rispetto a pianificazioni future.

Non a caso il legislatore, con decretazione di urgenza, è dovuto ricorrere a una sanatoria per i contribuenti che avrebbero compensato indebitamente i crediti d’imposta provenienti da questi investimenti maturati tra il 2015 e il 2019, chiamandoli a restituire il tantundem con conseguente impoverimento almeno per quelle imprese ingiustamente considerate non meritevoli.

Con riferimento al patent box invece si è addirittura fatto un passo di lato incomprensibile, posto che la sua destinazione a detassare redditi prodotti da beni innovativi è stata sostituita con una detassazione di spese di ricerca che peraltro vanno anche a sovrapporsi a quella già esistente.

A parte la considerazione secondo cui non ci troviamo più allineati alle forme di detassazione dei redditi da patent box di altri Paesi, anche comunitari, dove le nostre imprese potrebbero trasferire le attività legate a questa agevolazione, il cambio di paradigma sancisce l’eliminazione di un premio riconosciuto sui redditi prodotti da beni provenienti proprio dalla ricerca e dall’innovazione su cui, oltre a spese di ricerca, sono stati sostenuti anche costi di industrializzazione.

Una scelta questa che non premierebbe neanche le casse dello Stato posto che causerebbe un minor interesse a commercializzare e mettere a reddito prodotti innovativi.

Senza parlare dell’impatto certamente negativo con riferimento alla politica di attrazione in Italia di aziende e investitori che prima di operare in Italia ci penseranno una volta di più.

Attenzione, perché l’ultima chance per poter riprendere in mano il rapporto virtuoso tra attività di ricerca e redditi prodotti da beni assoggettati a patent box è legata alla prossima legge di bilancio, che peraltro troverebbe anche un supporto dagli obiettivi del disegno di legge delega sulla riforma tributaria, appena avviata presso la Commissione Finanze delle Camera dei deputati che impongono tutte le riflessioni del caso, soprattutto di tipo strategico oltre che politico.

Con riferimento invece alla abrogazione dell’Irap contenuta nel disegno di legge delega e avviata con la legge di bilancio, partendo dall’origine secondo cui la tassazione ai fini dell’Irap di un fattore produttivo non di proprietà dell’impresa come la forza lavoro aveva trovato una causa anche nell’inquinamento prodotto dalle aziende, per l’impatto sulla salute dei cittadini e degli stessi lavoratori, sarebbe opportuno studiare un collegamento con la deducibilità ai fini dell’Irap degli interessi passivi sostenuti a fronte di indebitamenti indirizzati a investimenti per la sostenibilità ambientale.